| | Esclusa1908 | | | | Esclusa1927 |
---|
1 | | L'ESCLUSA | | 1 | | L'ESCLUSA |
2 | | A | | 2 | | PARTE PRIMA |
3 | | LUIGI CAPUANA | | 3 | | I |
4 | | Illustre Amico, | | 4 | | Antonio Pentàgora s |
5 | | Lei conosce le vicende di questo mio romanzo, e sa che con esso per la prima volta (ora son circa quattordici anni) io mi provai nell'arte narrativa, e che esso era - nella sua prima forma - dedicato a Lei. | | | | 'era già seduto |
6 | | Ma "chi di stampar opere lavora" come il Berni direbbe, pretende spesso che nasca la gallina prima dell'uovo, che uno scrittore cioè abbia fama prima di mandare a stampa il libro che gliela dovrebbe dare. E per lungo tempo la mia Esclusa si vide costretta a rimaner tale e dalle case editrici e dal pubblico. Finché non apparve su «La Tribuna» di Roma: primo romanzo italiano nelle appendici di questo giornale. | | | | a tavola tranquillamente per cenare, come se non fosse accaduto nulla. |
7 | | Non so rendermi conto dell'effetto che abbia potuto fare nei pazienti e viziati lettori delle appendici giornalistiche; certo, scene drammatiche non difettano in questo romanzo, quantunque il dramma si svolga più nell'intimo dei personaggi; ma dubito forte che, in una lettura forzatamente saltuaria, si sia potuto avvertire alla parte più originale del lavoro: parte scrupolosamente nascosta sotto la rappresentazione affatto oggettiva dei casi e delle persone; al fondo insomma essenzialmente umoristico del romanzo. | | 5 | | Illuminato dalla lampada che pendeva dal soffitto basso, il suo volto tarmato pareva quasi |
8 | | Qui ogni volontà è esclusa, pur essendo lasciata ai personaggi la piena illusione ch'essi agiscano volontariamente; mentre una legge odiosa li guida o li trascina, occulta e inesorabile; e fa sì che un'innocente, scacciata dalla società - per esservi riammessa - debba prima passare sotto le forche dell'infamia, commettere cioè davvero quella colpa di cui ingiustamente era stata accusata. | | | | una maschera sotto il bianco roseo della cotenna rasa |
9 | | Nulla di combinato, tuttavia, o di congegnato avanti o di adattato a questo fine segreto. E qui han luogo infatti i tanti ostacoli improvvisi, gravi o lievi, che nella realtà contrariano e limitano e deformano i caratteri degli individui e la vita. La natura senz'ordine almeno apparente, irta di contraddizioni, è lontanissima, spesso, dalle opere d'arte, in cui tutti gli elementi, visibilmente, si tengono a vicenda e a vicenda cooperano, e che perciò mostrano una vita troppo concentrata da un canto, troppo semplificata dall'altro. Nella realtà vera le azioni che mettono in rilievo un carattere non si stagliano forse su un fondo di vicende ordinarie, di particolari comuni? E queste vicende ordinarie, questi particolari comuni, la materialità della vita, insomma, cosi varia e complessa, non contraddicono poi aspramente tutte quelle semplificazioni ideali e artificiose? non costringono ad azioni, non ispirano pensieri e sentimenti contrarii a tutta quella logica armoniosa dei fatti e dei caratteri concepiti dagli scrittori? E quante occasioni imprevedute, imprevedibili, occorrono nella vita, ganci improvvisi che arraffano le anime in un momento fugace, di grettezza o di generosità, in un momento nobile o vergognoso, e le tengon poi sospese o su l'altare o alla gogna per l'intera esistenza, come se questa fosse tutta assommata in quel momento solo, d'ebbrezza passeggera o d'incosciente abbandono? | | | | , ridondante sulla nuca. Senza giacca, con la camicia floscia celeste, un po'stinta, aperta sul petto irsuto, e le maniche rimboccate sulle braccia pelose, aspettava |
10 | | Voglio con questo scusare le umili e minute rappresentazioni, che occorrono frequenti nel mio romanzo. | | | | che lo servissero. |
11 | | Io l'ho, illustre amico, riveduto amorosamente da cima a fondo e in gran parte rifuso; e nel presentarlo al pubblico, per la prima volta raccolto in volume, voglio che sia ancora dedicato a Lei. | | 6 | | Gli sedeva a destra |
12 | | Suo L. Pirandello | | | | |
13 | | Roma, 4 decembre 1907. | | | | |
14 | | PARTE PRIMA | | | | |
15 | | I | | | | |
16 | | Sotto la cappa del camino, ch'era come una mezza tramoggia enorme rovesciata, la vecchia Pentàgora, quella sera, borbottava tra sé più del solito, mordicchiando le còcche del grosso fazzoletto nero, di lana, che teneva in capo, annodato sotto il mento. Come se le stipe e i tizzoni, scoppiettando, cigolando o levando fanfaluche, le parlassero, ella soleva tutto il giorno, lì, aggrondata e ingrugnata, far lunghi discorsi col fuoco, e ogni tanto gestiva a scatti, con le mani secche, nere, dalle dita agilissime. Parlava continuamente così, tra sé, fondendo le parole precipitose, quasi imitasse un ruzzolìo di fusi. | | | | la sorella Sidora, pallida e aggrottata, con gli occhi acuti adirati e sfuggenti sotto il fazzoletto di seta nera che teneva sempre in capo . A sinistra, il figlio Niccolino |
17 | | Le rare volte che si levava dal canto del fuoco e andava a ronzare come un moscone per casa, pareva s'aggirasse in un sogno smanioso, con gli occhi senza sguardo, le dita sempre irrequiete. Scopriva talvolta... non si sapeva che cosa, nei muri, per terra, per aria: si arrestava incantata a mirare con gli occhi chiari, ilari, parlanti; la faccia cotta dal fuoco le si allargava in un sorriso di beatitudine, che destava una certa invidia mista di costernazione pure in coloro che la commiseravano. | | | | , spiritato, con la testa orecchiuta |
18 | | Che vedeva? Perché sorrideva così? | | | | |
19 | | Certi suoi atti, certe sue espressioni erano veramente da povera mentecatta; ma a quando a quando faceva anche stupire o divinando cose lontane o dimostrando innegabilmente di vedere oltre la vista naturale. Sicché la gentuccia del vicinato credeva ch'ella fosse in commercio misterioso con le Donne, e qualcuna giurava di aver sentito nelle notti d'inverno più burrascose gridare tra il vento, su dai tetti, il nome di lei: | | | | da pipistrello sul collo stralungo |
20 | | - Sidora! Sidora! | | | | |
21 | | Le Donne, certo, che venivano a chiamarla, se la portavano via con loro, in ispirito. Non aveva ella in casa un altarino su cui adorava tre spighe secche circondate da sacchettini scarlatti pieni di sale? | | | | , |
22 | | - L'animuccia mia ha gli occhi tondi tondi , rossi, vivi vivi; la coda lunga, il becco nero. Nido di rondinella, appeso a un campanile, presso le campane. Sta di casa là, l'animuccia p. 5 mia. Din don dan, din don dan. Sbuca un vecchio topo, sbucano i topicini; si mettono a giocare con un sassolino, sulla balaustrata del campanile. Le campane ronzano, le campane sbadigliano al cielo; han la lingua ciondoloni; hanno fame di vento, le campane. Quant'arsura, nell'estate! Pioggia, pioggia, lava le campane. Spunta l'erbuccia della frescura... Dan dan, dan dan, le monacelle della badìa. Corvo, diavolo che vi porta via! | | | | gli occhi tondi tondi e il naso ritto. Dirimpetto era apparecchiato il posto per l'altro figlio, Rocco, che rientrava in casa, quella sera, dopo la disgrazia. Lo avevano aspettato finora, per la cena. Poiché tardava |
23 | | Queste erano le sue filastrocche, quand'era di buon umore. Per lo più, però, era ingrugnata; e quella sera, quella sera più del solito. | | | | , s'erano messi |
24 | | - Zâ Sidò, a tavola, - venne a dirle Niccolino, il nipote, pallido, con aria stordita. - Papà dice, non c'è perché restar digiuni. Rocco, però, non è ancora tornato. Come si fa? | | | | a tavola . Stavano |
25 | | La vecchia guardò un tratto il nipote, con le ciglia aggrottate, quasi non avesse inteso; poi scattò in piedi, alzando le braccia a un gesto vivacissimo di noncuranza sdegnosa, e s'avviò di furia, curva, grufando, alla sala da pranzo. | | | | in silenzio tutt'e tre, nel |
26 | | Era un tetro stanzone, dalle pareti basse, nude, ingiallite, lungo le quali correvano due interminabili file di seggiole tutte scompagne. Di notte, queste seggiole conversavano fra loro, con sommessi scricchiolii; fra loro e con la vecchia matta, a cui narravano la loro storia, p. 6 da quali misere case fossero venute a quello stanzone | | | | tetro stanzone, dalle pareti basse , ingiallite, lungo le quali correvano due interminabili file di seggiole quasi tutte scompagne. Dal pavimento un po' avvallato, di mattoni rosi, spirava un tanfo indefinibile, d'appassito. |
| | , pegnorate con tutta l'altra masserizia, tra i pianti, gli strilli e le imprecazioni degli antichi padroni; e una, ch'era più sfilata delle altre, diceva ch'era stata ridotta così da una povera madre, la quale per ore e ore ogni sera cullava il suo piccino, che , non trovando latte ne le mammelle vizze, non voleva, non poteva prender sonno.... Forse da esse, o dal pavimento, o dalle pareti, spirava nello stanzone quel tanfo misto, indefinibile, d'appassito. Dal tetto, affumicato in giro, pendeva una lampada su la tavola apparecchiata, come sperduta lì in mezzo. Vi stava già seduto a cenare Antonio Pentàgora, il padre, grosso omaccione sanguigno, il cui volto tarmato pareva quasi una maschera sotto il bianco roseo della cotenna rasa, ridondante su la nuca. Dalla camicia floscia, aperta, gli s'intravedeva il petto irsuto. | | 7 | | Finalmente, Rocco apparve sulla soglia, cupo, disfatto. Era uno stangone biondo, di pochi capelli, scuro in viso e con gli occhi biavi, quasi vani e smarriti, che però gli diventavano cattivi quando aggrottava le sopracciglia e stringeva la bocca larga, dalle labbra molli, violacee. Camminando sulle gambe aperte, si dimenava sul busto e seguiva con la testa e con le braccia l'andatura. Ogni tanto aveva un tic alle corde del collo che gli faceva protendere |
27 | | Niccolino e la zia presero il loro posto e cominciarono a cenare anch'essi, tranquillamente, come se nulla fosse stato. | | | | il mento e tirare in giù gli angoli della bocca |
28 | | Poco dopo, Rocco apparve su la soglia, cupo, disfatto. | | | | . |
29 | | - Oh, bravo Roccuccio, eccolo qua! - esclamò allora il padre , volgendosi e fregandosi le grosse mani ruvide, piene d'anelli massicci. | | 8 | | -Oh, bravo Roccuccio, eccolo qua! - esclamò il padre fregandosi le grosse mani ruvide, piene d'anelli massicci |
30 | | Niccolino levò, sopra il capo della zia che gli stava di fronte, la testa secca, orecchiuta, per veder l'aria del fratello. La zia non si mosse. | | | | . |
31 | | Rocco stette un po' a guardare i tre seduti a tavola, poi si buttò su la prima seggiola presso l'uscio, coi gomiti su le ginocchia, le pugna sotto il mento, il cappello su gli occhi. | | 9 | | Rocco stette un po' a guardare i tre seduti a tavola, poi si buttò su la prima seggiola presso l'uscio, coi gomiti su le ginocchia, le pugna sotto il mento, il cappello su gli occhi. |
32 | | - Oh, e àlzati! - riprese il Pentàgora. - T'abbiamo aspettato, sai? Non mi credi? Parola mia d'onore, fino alle dieci... no, più, più... che ora è? Vieni qua: ecco il tuo posto: apparecchiato qua, come prima. | | 10 | | - Oh, e àlzati! - riprese il Pentàgora. - T'abbiamo aspettato, sai? Non mi credi? Parola d'onore, fino alle dieci... no, più, più... che ora è? Vieni qua: ecco il tuo posto: apparecchiato qua, come prima. |
33 | | E chiamò, forte: | | 11 | | E chiamò, forte: |
34 | | - Signora Popònica! | | 12 | | - Signora Popònica! |
35 | | - Epponina, - corresse Niccolino a bassa voce. | | 13 | | - Epponìna, - corresse Niccolino a bassa voce. |
36 | | - Zitto, bestia, lo so. Voglio chiamarla Popònica, come tua zia. Non è permesso? | | 14 | | - Zitto, bestia, lo so. Voglio chiamarla Popònica, come tua zia. Non è permesso? |
37 | | Rocco, incuriosito, alzò la testa e brontolò: | | 15 | | Rocco, incuriosito, alzò la testa e brontolò: |
38 | | - Chi è Popònica? | | 16 | | - Chi è Popònica? |
39 | | - Ah! una signora caduta in bassa fortuna, - rispose allegramente il padre. - Vera signora, sai? Da jeri ci fa da serva. Tua zia la protegge. | | 17 | | - Ah! una signora caduta in bassa fortuna, -rispose allegramente il padre. - Vera signora, sai? Da jeri ci fa da serva. Tua zia la protegge. |
40 | | - Romagnola, - aggiunse Niccolino, sommessamente. | | 18 | | - Romagnola, - aggiunse Niccolino, sommessamente. |
41 | | Rocco ripiegò la testa su le mani; e il padre, soddisfatto, si recò pian piano alle labbra il bicchiere ricolmo; lo scoronò con un sorsellino càuto; poi strizzò un occhio a Niccolino e, facendo schioccar la lingua, disse: | | 19 | | Rocco ripiegò la testa su le mani; e il padre, soddisfatto, si recò pian piano alle labbra il bicchiere ricolmo; lo scoronò con un sorsellino càuto; poi strizzò un occhio a Niccolino e, facendo schioccare la lingua : |
42 | | - Buono! Roccuccio, vino nuovo; fa stringer l'occhio. Assaggia, assaggia, ti rimetterà lo stomaco. Sciocchezze, figlio mio! | | 20 | | - Buono! - disse. - Roccuccio, vino nuovo; fa stringer l'occhio... Assaggia, assaggia, ti rimetterà lo stomaco. Sciocchezze, figlio mio! |
43 | | E tracannò il resto in un fiato. | | 21 | | E tracannò il resto in un fiato. |
44 | | - Non vuoi cenare? - domandò poi. | | 22 | | - Non vuoi cenare? - domandò poi. |
45 | | - Non può cenare, - osservò piano Niccolino. | | 23 | | - Non può cenare, - osservò piano Niccolino. |
46 | | Tacquero tutti, badando che le forchette non frugassero nei piatti, come per non offendere il silenzio ch'empiva penosamente lo stanzone. Ed ecco la signora Popònica, coi capelli color tabacco di Spagna, unti non si sa di qual manteca, con gli occhi ammaccati e la bocca grinzosa appuntita, entrar tentennante su le gambette, forbendosi le mani piccole, sconciate dal lavoro, in una giacca smessa del padrone, legata per le maniche intorno alla vita, a mo' di grembiule. La tintura dei capelli, l'aria mesta del volto davano a vedere chiaramente che quella povera signora caduta in bassa fortuna avrebbe forse desiderato qualcosa di più che il disperato amplesso di quelle maniche vuote. | | 24 | | Tacquero tutti, badando che le forchette non frugassero nei piatti, come per non offendere il silenzio ch'empiva penosamente lo stanzone. Ed ecco la signora Popònica, coi capelli color tabacco di Spagna, unti non si sa di qual manteca, gli occhi ammaccati e la bocca grinzosa appuntita, entrare tentennante su le gambette, forbendosi le mani piccole, sconciate dal lavoro, in una giacca smessa del padrone, legata per le maniche intorno alla vita, a mo' di grembiule. La tintura dei capelli, l'aria mesta del volto davano a vedere chiaramente che quella povera signora caduta in bassa fortuna avrebbe forse desiderato qualcosa di più che il disperato amplesso di quelle maniche vuote. |
47 | | Subito Antonio Pentàgora con la mano le fe' cenno d'andar via: non c'era più bisogno di lei, poiché Rocco non voleva cenare. Quella inarcò le ciglia, sbalzandole fin sotto i capelli, distese su gli occhi dolenti le pàlpebre cartilaginose, e andò via, dignitosa, sospirando. | | 25 | | Subito Antonio Pentàgora con la mano le fe' cenno d'andar via: non c'era più bisogno di lei, poiché Rocco non voleva cenare. Quella inarcò le ciglia, sbalzandole fin sotto i capelli, distese su gli occhi dolenti le pàlpebre cartilaginose, e andò via, dignitosa, sospirando. |
48 | | - Ricòrdati, oh! che te l'avevo predetto, - uscì a dir finalmente il Pentàgora. | | 26 | | - Ricòrdati, oh! che te l'avevo predetto, - uscì a dire finalmente il Pentàgora. |
49 | | Sonò il suo vocione così urtante nel silenzio, che la sorella Sidora, quantunque sempre astratta, balzò ancora qui da sedere, tolse dalla tavola il piatto dell'insalata, ghermì un tozzo di pane, e scappò via, a finir di cenare in un'altra stanza. | | 27 | | Sonò il suo vocione così urtante nel silenzio, che la sorella Sidora, quantunque sempre astratta, balzò da sedere, tolse dalla tavola il piatto dell'insalata, ghermì un tozzo di pane, e scappò via, a finir di cenare in un'altra stanza. |
50 | | Antonio Pentàgora la seguì con gli occhi fino all'uscio, poi guardò Niccolino e si stropicciò il capo raso con ambo le mani, aprendo le labbra a un ghigno frigido, muto. | | 28 | | Antonio Pentàgora la seguì con gli occhi fino all'uscio, poi guardò Niccolino e si stropicciò il capo con ambo le mani, aprendo le labbra a un ghigno frigido, muto. |
51 | | Ricordava. | | 29 | | Ricordava. |
52 | | Tant'anni addietro, anche a lui, di ritorno alla casa paterna dopo il tradimento della moglie, la sorella Sidora, bisbetica fin da ragazza, aveva voluto che non si movesse alcun rimprovero. Zitta zitta, ella lo aveva condotto nell'antica sua camera da scapolo, come se con ciò avesse voluto dimostrargli ch'ella si aspettava di vederselo un giorno o l'altro ricomparire dinanzi, tradito e pentito. | | 30 | | Tant'anni addietro, anche a lui, di ritorno alla casa paterna dopo il tradimento della moglie, la sorella Sidora, bisbetica fin da ragazza, aveva voluto che non si movesse alcun rimprovero. Zitta zitta, lo aveva condotto nell'antica sua camera da scapolo, come se con ciò avesse voluto dimostrargli che si aspettava di vederselo un giorno o l'altro ricomparire davanti, tradito e pentito. |
53 | | - Te lo avevo predetto! - ripeté, riscotendosi da quel ricordo lontano, con un sospiro. | | 31 | | - Te lo avevo predetto! -ripeté, riscotendosi da quel ricordo lontano, con un sospiro. |
54 | | Rocco si alzò, smanioso, esclamando: | | 32 | | Rocco si alzò, smanioso, esclamando: |
55 | | - Non trovi altro da dirmi? | | 33 | | - Non trovi altro da dirmi? |
56 | | Niccolino allora tirò, sotto sotto, la giacca al padre, come per dirgli: «Stia zitto!» | | 34 | | Niccolino allora tirò, sotto sotto, la giacca al padre, come per dirgli: «Stia zitto!» |
57 | | - No! - gridò forte il Pentágora su la faccia di Niccolino. - Vieni qua, Roccuccio! Lèvati codesto cappello dagli occhi. Ah, già: la ferita! Lasciami vedere. | | 35 | | - No! - gridò forte il Pentàgora su la faccia di Niccolino. - Vieni qua, Roccuccio! Lèvati codesto cappello dagli occhi... Ah, già: la ferita! Lasciami vedere... |
58 | | - Che m'importa della ferita? - gridò Rocco, quasi piangente dalla rabbia, sbertucciando e sbatacchiando il cappello sul pavimento. | | 36 | | - Che m'importa della ferita? - gridò Rocco, quasi piangente dalla rabbia, sbertucciando e sbatacchiando il cappello sul pavimento. |
59 | | - Sì, guarda come ti sei conciato. Acqua e aceto, sùbito: un bagnolo. | | 37 | | - Sì, guarda come ti sei conciato... Acqua e aceto, subito: un bagnolo. |
60 | | Rocco minaccio: | | 38 | | Rocco minacciò: |
61 | | - Ancora? Me ne vado! | | 39 | | - Ancora? Me ne vado! |
62 | | - E vàttene! Che vuoi da me? Parla, sfògati! Ti prendo con le buone, e spari calci. Mettiti il cuore in pace, figliuolo mio! La lettera, io dico, avresti potuto raccoglierla con più garbo, senza romperti così la fronte nello sportello dell'armadio. Ma basta: sciocchezze! Denari , ne hai quanti ne vuoi; femmine, potrai averne quante ne vorrai. Sciocchezze! | | 40 | | - E vàttene! Che vuoi da me? Parla, sfógati! Ti prendo con le buone, e spari calci... Mettiti il cuore in pace, figliuolo mio! La lettera, io dico, avresti potuto raccoglierla con più garbo, senza romperti così la fronte nello sportello dell'armadio. Ma basta: sciocchezze! Denari ne hai quanti ne vuoi; femmine, potrai averne quante ne vorrai. Sciocchezze! |
63 | | Sciocchezze! era il suo modo d'intercalare e accompagnava ogni volta l'esclamazione con un gesto espressivo della mano e una contrazione della guancia. | | 41 | | Sciocchezze! era il suo modo d'intercalare e accompagnava ogni volta l'esclamazione con un gesto espressivo della mano e una contrazione della guancia. |
64 | | Si levò di tavola e, recatosi presso il cassettone, su cui stava accoccolato un grosso gatto bigio, trasse una candela; staccò, per dare a vedere ciò che intendeva fare, i gocciolotti dal fusto; poi l'accese e sospirò: | | 42 | | Si levò di tavola e, recatosi presso il cassettone, su cui stava accoccolato un grosso gatto bigio, trasse una candela; staccò, per dare a vedere ciò che intendeva fare, i gocciolotti dal fusto; poi l'accese e sospirò: |
65 | | - E ora, con l'ajuto di Dio, andiamo a dormire! | | 43 | | - E ora, con l'ajuto di Dio, andiamo a dormire! |
66 | | - Mi lasci così? - esclamò Rocco, esasperato. | | 44 | | - Mi lasci così? - esclamò Rocco, esasperato. |
67 | | - E che vuoi che ti faccia? Se parlo ti secchi. Debbo stare qua? Ebbene, stiamo qua. Soffiò su la candela e sedé su una seggiola presso il canterano. Il gatto gli saltò sulle spalle. | | 45 | | - E che vuoi che ti faccia? Se parlo ti secchi... Debbo stare qua? Ebbene, stiamo qua... Soffiò su la candela e sedé su una seggiola presso il canterano. Il gatto gli saltò sulle spalle. |
68 | | Rocco passeggiava per lo stanzone, mordendosi a quando a quando le mani o facendo con le pugna serrate gesti di rabbia impotente. Piangeva. | | 46 | | Rocco passeggiava per lo stanzone, mordendosi a quando a quando le mani o facendo con le pugna serrate gesti di rabbia impotente. Piangeva. |
69 | | Niccolino, seduto ancora a tavola, sotto la lampada, arrotondava con l'indice pallottoline di mollica. | | 47 | | Niccolino, seduto ancora a tavola, sotto la lampada, arrotondava con l'indice pallottoline di mollica. |
70 | | - Non hai voluto darmi ascolto, - riprese, dopo un lungo silenzio, il padre. - Hai. hem!... sì, hai voluto fare come me. Mi viene quasi da ridere, che vuoi farci? Ti compatisco, bada! Ma è stata, Rocco mio, una riprova inutile. Noi Pentàgora. - quieto, Fufù, con la coda! - noi Pentàgora con le mogli non abbiamo fortuna. | | 48 | | - Non hai voluto darmi ascolto, - riprese, dopo un lungo silenzio, il padre. - Hai... ehm!... sì, hai voluto fare come me... Mi viene quasi da ridere, che vuoi farci? Ti compatisco, bada! Ma è stata, Rocco mio, una riprova inutile. Noi Pentàgora... - quieto, Fufù, con la coda! - noi Pentàgora con le mogli non abbiamo fortuna. |
71 | | Tacque un altro pezzo, poi ripigliò lentamente, sospirando: | | 49 | | Tacque un altro pezzo, poi ripigliò lentamente, sospirando: |
72 | | - Già lo sapevi. Ma tu credesti d'aver trovato l'araba fenice. E io? Tal quale! E mio padre, sant'anima? Tal quale! | | 50 | | - Già lo sapevi... Ma tu credesti d'aver trovato l'araba fenice. E io? Tal quale! E mio padre, sant'anima? Tal quale! |
73 | | Fece con una mano le corna e le agitò in aria. | | 51 | | Fece con una mano le corna e le agitò in aria. |
74 | | - Caro mio, vedi queste? Per noi, stemma di famiglia! Non bisogna farsene. | | 52 | | - Caro mio, vedi queste? Per noi, stemma di famiglia! Non bisogna farsene. |
75 | | A questo punto, Niccolino, che seguitava ad arrotondare tranquillamente pallottoline, sghignò. | | 53 | | A questo punto, Niccolino, che seguitava ad arrotondare tranquillamente pallottoline, sghignò. |
76 | | - Sciocco, che c'è da ridere? - gli disse il padre, levando su dal petto il testone raso, sanguigno. - È destino! Ognuno ha la sua croce. La nostra, è qua! Calvario. | | 54 | | - Sciocco, che c'è da ridere? - gli disse il padre, levando su dal petto il testone raso, sanguigno. - È destino! Ognuno ha la sua croce. La nostra, è qua! Calvario. |
77 | | E si picchiò sul capo. | | 55 | | E si picchiò sul capo. |
78 | | - Ma, alla fin fine, sciocchezze! - seguitò. - Croce che non pesa, è vero, Fufù? quando abbiamo cacciato via la moglie. Anzi, porta fortuna, dicono | | 56 | | - Ma, alla fin fine, sciocchezze! - seguitò. - Croce che non pesa, è vero, Fufù? quando abbiamo cacciato via la moglie. Anzi, porta fortuna, dicono. La gente piglia moglie, come si piglia in mano la fisarmonica, che pare chiunque debba saperla sonare. Sì, a stendere e a stringere il màntice, non ci vuol molto; ma a muover le dita di quella maniera per pigiare su i tasti, lì ti voglio! Dicono che sono cattivo. Ma perché sono cattivo? Come sto in pace io, così vorrei che stésse in pace tutto il mondo. Ci sono però di questi tali, che quando possono dir male di uno, pare che ingrassino. Del resto a me mi fa più utile chi mi biasima. Sai che faccio? Prendo il biasimo e me l'applico qua. |
| | . E salute | | 57 | | Si picchiò sulla natica. E poco dopo ripigliò: |
| | , infatti, ne abbiamo da vendere e, per tutto il resto, la grazia di Dio non ci manca. Si sa, per altro, che le mogli è il loro mestiere d'ingannare i mariti. Quand'io sposai, figlio mio, tuo nonno mi disse precisamente quel che poi io ripetei a te, parola per parola. Non volli ascoltarlo, come tu non hai voluto ascoltarmi. E si capisce! Ognuno vuol farne esperienza da sé. Che cosa credevo io che fosse Fana, mia moglie? Precisamente ciò che tu, Roccuccio mio, credevi che fosse la tua: una santa! Non ne dico male, né gliene voglio: ne siete testimonii. Do a vostra madre tanto che possa vivere, e permetto che voi andiate a visitarla una volta l'anno, a Palermo. M'ha reso in fin dei conti un gran servizio: m'ha insegnato che si deve obbedire ai genitori. Dico perciò a Niccolino: «Tu almeno, figliuolo mio, sàlvati!» | | 58 | | - Chi vuol morire, muoja. Io m'ingegno di campare. Salute, ne abbiamo da vendere e, per tutto il resto, la grazia di Dio non ci manca. Si sa, per altro, che le mogli è il loro mestiere d'ingannare i mariti. Quand'io sposai, figlio mio, tuo nonno mi disse precisamente quel che poi io ripetei a te, parola per parola. Non volli ascoltarlo, come tu non hai voluto ascoltarmi. E si capisce! Ognuno vuol farne esperienza da sé. Che cosa credevo io che fosse Fana, mia moglie? Precisamente ciò che tu, Roccuccio mio, credevi che fosse la tua: una santa! Non ne dico male, né gliene voglio: ne siete testimonii. Do a vostra madre tanto che possa vivere, e permetto che voi andiate a visitarla una volta l'anno, a Palermo. M'ha reso in fin dei conti un gran servizio: m'ha insegnato che si deve obbedire ai genitori. Dico perciò a Niccolino: «Tu almeno, figliuolo mio, sàlvati!» |
79 | | Quest'uscita non piacque a Niccolino, che già faceva all'amore: | | 59 | | Quest'uscita non piacque a Niccolino, che già faceva all'amore: |
80 | | - Ma pensate a vojaltri, voi, che a me ci penso io! | | 60 | | - Ma pensate a vojaltri, voi, che a me ci penso io! |
81 | | - A lui, oibò! a lui. ah, figlio mio! - esclamò sogghignando il Pentàgora. - Ma San Silvestro. Ma San Martino. | | 61 | | - A lui, oibò! a lui... ah, figlio mio! - esclamò sogghignando il Pentàgora. - Ma San Silvestro... Ma San Martino... |
82 | | - Va bene, va bene, - rispose Niccolino irritatissimo. - Ma a noi la mamma, poveretta, che male ha fatto, se pur è vero che...? | | 62 | | - Va bene, va bene, - rispose Niccolino irritatissimo. - Ma a noi la mamma, poveretta, che male ha fatto, se pur è vero che...? |
83 | | - Niccoli', ora mi secchi! - lo interruppe il padre, levandosi in piedi. - È destino, sciocconaccio! Ed io parlo per il tuo bene. Prendi, prendi moglie, se tre esperienze non ti bastano, e - se sei davvero dei Pentàgora - vedrai! | | 63 | | -Niccoli', ora mi secchi! - lo interruppe il padre, levandosi in piedi. -È destino, sciocconaccio! E io parlo per il tuo bene. Prendi, prendi moglie, se tre esperienze non ti bastano, e -se sei davvero dei Pentàgora - vedrai! |
84 | | Si liberò del gatto con una scrollata, tolse dal canterano la candela e, senza neanche accenderla, scappò via. | | 64 | | Si liberò del gatto con una scrollata, tolse dal canterano la candela e, senza neanche accenderla, scappò via. |
85 | | Rocco aprì la finestra e si mise a guardar fuori a lungo. | | 65 | | Rocco aprì la finestra e si mise a guardar fuori a lungo. |
86 | | La notte era umida. In basso, dopo il ripido degradare delle ultime case giù per la collina, la pianura immensa, solitaria, si stendeva sotto un velo triste di nebbia, fino al mare laggiù, rischiarato pallidamente dalla luna. Quant'aria, quanto spazio fuori di quell'alta finestra angusta! Guardò la facciata della casa, esposta lassù ai venti, alle piogge, malinconica nell'umidor lunare; guardò in basso la viuzza nera, deserta, vegliata da un solo fanale piagnucoloso; i tetti delle povere case raccolte nel sonno; e si senti p. 14 crescere l'angoscia. Rimase attonito, quasi con l'anima sospesa, a mirare; e come, dopo un violento uragano, lievi nuvole vagano indecise, pensieri alieni, memorie smarrite, impressioni lontane gli s'affacciarono allo spirito, senza precisarsi tuttavia. Pensò che lì, in quella straducola angusta, quand'egli era bambino, proprio sotto a quel fanale dal fioco lume vacillante, una notte, era stato ucciso un uomo a tradimento; che poi una serva gli aveva detto che lo spirito di quell'ucciso era stato veduto da tanti; e lui ne aveva avuto una gran paura e per parecchio tempo non aveva più potuto affacciarsi di sera a guardare in quella via. Ora la casa paterna, lasciata da circa due anni, lo riprendeva, con tutte le reminiscenze, con l'oppressione antica. Egli era libero di nuovo, come ritornato scapolo. Avrebbe dormito solo, quella notte, nella cameretta nuda, nel lettuccio di prima: solo! La sua casa maritale, coi ricchi mobili nuovi, era rimasta vuota, buja. le finestre erano rimaste aperte. e quella luna, calante tra le brume sul mare lontano, doveva vedersi certo anche dalla sua camera da letto. Il suo letto a due. tra i cortinaggi di seta rosea. ah! Strizzò gli occhi e serrò le pugna. E domani? che sarebbe stato domani, quando tutto il paese avrebbe saputo ch'egli aveva scacciato di casa la moglie infedele? | | 66 | | La notte era umida. In basso, dopo il ripido degradare delle ultime case giù per la collina, la pianura immensa, solitaria, si stendeva sotto un velo triste di nebbia, fino al mare laggiù, rischiarato pallidamente dalla luna. Quant'aria, quanto spazio fuori di quell'alta finestra angusta! Guardò la facciata della casa, esposta lassù ai venti, alle piogge, malinconica nell'umidore lunare; guardò in basso la viuzza nera, deserta, vegliata da un solo fanale piagnucoloso; i tetti delle povere case raccolte nel sonno; e si sentì crescere l'angoscia. Rimase attonito, quasi con l'anima sospesa, a mirare; e come, dopo un violento uragano, lievi nuvole vagano indecise, pensieri alieni, memorie smarrite, impressioni lontane gli s'affacciarono allo spirito, senza precisarsi tuttavia. Pensò che lì, in quella straducola angusta, quand'egli era bambino, proprio sotto a quel fanale dal fioco lume vacillante, una notte, era stato ucciso un uomo a tradimento; che poi una serva gli aveva detto che lo spirito di quell'ucciso era stato veduto da tanti; e lui ne aveva avuto una gran paura e per parecchio tempo non aveva più potuto affacciarsi di sera a guardare in quella via... Ora la casa paterna, lasciata da circa due anni, lo riprendeva, con tutte le reminiscenze, con l'oppressione antica. Egli era libero di nuovo, come ritornato scapolo. Avrebbe dormito solo, quella notte, nella cameretta nuda, nel lettuccio di prima: solo! La sua casa maritale, coi ricchi mobili nuovi, era rimasta vuota, buja... le finestre erano rimaste aperte... e quella luna, calante tra le brume sul mare lontano, doveva vedersi certo anche dalla sua camera da letto... Il suo letto a due... tra i cortinaggi di seta rosea... ah! Strizzò gli occhi e serrò le pugna. E domani? che sarebbe stato domani, quando tutto il paese avrebbe saputo ch'egli aveva scacciato di casa la moglie infedele? |
87 | | Là, col capo immerso nel vasto silenzio malinconico della notte punto qua e là e vibrante da stridi rapidi di pipistrelli invisibili, con le pugna ancora serrate, Rocco gemette, esasperato: | | 67 | | Là, col capo immerso nel vasto silenzio malinconico della notte punto qua e là e vibrante da stridi rapidi di pipistrelli invisibili, con le pugna ancora serrate, Rocco gemette, esasperato: |
88 | | - Che debbo fare? che debbo fare? | | 68 | | - Che debbo fare? che debbo fare? |
89 | | - Scendi giù dall'Inglese, - insinuò piano e quieto Niccolino, che se ne stava ancor presso la tavola, con gli occhi fissi su la tovaglia. | | 69 | | - Scendi giù dall'Inglese,- insinuò piano e quieto Niccolino, che se ne stava ancor presso la tavola, con gli occhi fissi su la tovaglia. |
90 | | Rocco trasalì alla voce, e si volto, stordito da quel consiglio e dal vedere il fratello ancora lì, impassibile, sotto la lampada. | | 70 | | Rocco stolzò alla voce, e si voltò, stordito da quel consiglio e dal vedere il fratello ancora lì, impassibile, sotto la lampada. |
91 | | - Da Bill? - gli domandò, accigliato. - E perché? | | 71 | | - Da Bill? - gli domandò, accigliato. - E perché? |
92 | | - Io, nel tuo caso, farei un duello, - disse con aria semplice e convinta Niccolino, raccogliendo nel cavo della mano tutte le pallottoline arrotondate e andando a buttarle dalla finestra. | | 72 | | - Io, nel tuo caso, farei un duello, - disse con aria semplice e convinta Niccolino, raccogliendo nel cavo della mano tutte le pallottoline arrotondate e andando a buttarle dalla finestra. |
93 | | - Un duello? - ripeté Rocco, e stette un poco a pensare, impuntato; poi proruppe: - Ma sì, ma sì, ma sì, dici bene! Come non ci avevo pensato? Sicuro, il duello! | | 73 | | - Un duello? - ripeté Rocco, e stette un poco a pensare, impuntato; poi proruppe: - Ma sì, ma sì, ma sì, dici bene! Come non ci avevo pensato? Sicuro, il duello! |
94 | | Dalla chiesa vicina giunsero i rintocchi lenti della mezzanotte. | | 74 | | Dalla chiesa vicina giunsero i rintocchi lenti della mezzanotte. |
95 | | - Mezzanotte? | | 75 | | - Mezzanotte. |
96 | | - L'Inglese sarà sveglio. | | 76 | | - L'Inglese sarà sveglio. |
97 | | Rocco raccolse il cappello ammaccato dal pavimento. | | 77 | | Rocco raccolse il cappello ammaccato dal pavimento. |
98 | | - Ci vado! | | 78 | | - Ci vado! |
99 | | II | | 79 | | II |
100 | | Per la scala, al bujo, Rocco Pentàgora rimase un tratto perplesso se picchiare all'uscio dell'Inglese o a quello più giù d'un altro pigionante, il professor Blandino. | | 80 | | Per la scala, al bujo, Rocco Pentàgora rimase un tratto perplesso , se picchiare all'uscio dell'Inglese o a quello più giù d'un altro pigionante, il professor Blandino. |
101 | | Antonio Pentàgora aveva edificato quella sua casa, che pareva un torrione, a piano a piano. Al quarto, per il momento, s'era arrestato. Ma, o che la casa rimanesse veramente fuori mano, o che nessuno volesse aver da fare col proprietario, il fatto era che al Pentàgora non riusciva mai d'appigionarne un quartierino. Il primo piano era vuoto da tant'anni; del secondo una sola camera era occupata da quel professor Blandino, affidato alle cure della signora Popònica; del terzo, parimenti una sola, dall'inglese Mr . H. W. Madden, detto Bill. Tutte le altre, qua e là, dai topi. Il portinajo aveva la dignitosa gravità d'un notajo; ma, cinque lire al mese; per cui non salutava mai nessuno. | | 81 | | Antonio Pentàgora aveva edificato quella sua casa, che pareva un torrione, a piano a piano. Al quarto, per il momento, s'era arrestato. Ma, o che la casa rimanesse veramente fuori mano, o che nessuno volesse aver da fare col proprietario, il fatto era che al Pentàgora non riusciva mai d'appigionarne un quartierino. Il primo piano era vuoto da tant'anni; del secondo una sola camera era occupata da quel professor Blandino, affidato alle cure della signora Popònica; del terzo, parimenti una sola, dall'inglese Mr H.W. Madden, detto Bill. Tutte le altre, qua e là, dai topi. Il portinajo aveva la dignitosa gravità d'un notajo; ma, cinque lire al mese; per cui non salutava mai nessuno. |
102 | | Luca Blandino, professore di filosofia al Liceo, su i cinquant'anni, alto, magro, calvissimo, ma in compenso enormemente barbuto, era uomo singolare, ben noto in paese per le incredibili distrazioni di mente a cui andava soggetto. Aggiogato per necessità e con triste rassegnazione all'insegnamento, assorto di continuo nelle sue meditazioni, non si curava più di nulla né di nessuno. Tuttavia, chi avesse saputo all'improvviso impressionarlo, così da farlo per poco discendere dalla sfera di quei suoi nuvolosi pensieri, avrebbe potuto tirarlo dalla sua e farsene ajuto prezioso e disinteressato. Rocco lo sapeva. | | 82 | | Luca Blandino, professore di filosofia al Liceo, su i cinquant'anni, alto, magro, calvissimo, ma in compenso enormemente barbuto, era un uomo singolare, ben noto in paese per le incredibili distrazioni di mente a cui andava soggetto. Aggiogato per necessità e con triste rassegnazione all'insegnamento, assorto di continuo nelle sue meditazioni, non si curava più di nulla né di nessuno. Tuttavia, chi avesse saputo all'improvviso impressionarlo, così da farlo per poco discendere dalla sfera di quei suoi nuvolosi pensieri, avrebbe potuto tirarlo dalla sua e farsene ajuto prezioso e disinteressato. Rocco lo sapeva. |
103 | | Uomo non men singolare era il Madden, professore anche lui, ma privato, di lingue straniere. Dava a pochissimo prezzo lezioni d'inglese, di tedesco, di francese, bistrattando l'italiano. Piazza internazionale, dunque, quella sua fronte smisurata. I capelli aurei, finissimi, pareva gli si fossero allontanati dai confini della fronte e dalle tempie per paura del naso adunco, robusto; ma in cerca di loro, dalla punta delle sopracciglia serpeggiavano su su, come per andarsi a nascondere, due vene sempre gonfie. Sotto le sopracciglia s'appuntavano gli occhietti grigio-azzurri, a volta astuti, a volta dolenti, come gravati dalla fronte. Sotto il naso, i baffetti color di fieno, tagliati rigorosamente intorno al labbro. Nonostante la fronte monumentale, la natura aveva voluto dotare il corpo del signor Madden d'una certa agilità scimmiesca; e il signor Madden sùbito aveva tratto partito anche di questa dote: nelle ore d'ozio, dava lezioni di scherma; ma cosi, senz'alcuna pretesa, badiamo! | | 83 | | Uomo non meno singolare era il Madden, professore anche lui, ma privato, di lingue straniere. Dava a pochissimo prezzo lezioni d'inglese, di tedesco, di francese, bistrattando l'italiano. Piazza internazionale, dunque, quella sua fronte smisurata. I capelli aurei, finissimi, pareva gli si fossero allontanati dai confini della fronte e dalle tempie per paura del naso adunco, robusto; ma in cerca di loro, dalla punta delle sopracciglia serpeggiavano su su, come per andarsi a nascondere, due vene sempre gonfie. Sotto le sopracciglia s'appuntavano gli occhietti grigio-azzurri, a volta astuti, a volta dolenti, come gravati dalla fronte. Sotto il naso, i baffetti color di fieno, tagliati rigorosamente intorno al labbro. Nonostante la fronte monumentale, la natura aveva voluto dotare il corpo del signorMadden d'una certa agilità scimmiesca; e il signor Madden subito aveva tratto partito anche di questa dote: nelle ore d'ozio, dava lezioni di scherma; ma così, senz'alcuna pretesa, badiamo! |
104 | | Probabilmente neppur lui, povero Bill, avrebbe saputo ridire come mai dalla nativa Irlanda si fosse ridotto in un paese di Sicilia. Nessuna lettera mai dalla patria! Era proprio solo, con la miseria dietro, nel passato, e la miseria innanzi, nell'avvenire. Così abbandonato alla discrezione della sorte, pure non s'avviliva. In verità, il signor Madden aveva in mente, per sua ventura, più vocaboli che pensieri; e se li ripassava di continuo. | | 84 | | Probabilmente neppur lui, povero Bill, avrebbe saputo ridire come mai dalla nativa Irlanda si fosse ridotto in un paese di Sicilia. Nessuna lettera mai dalla patria! Era proprio solo, con la miseria dietro, nel passato, e la miseria davanti, nell'avvenire. Così abbandonato alla discrezione della sorte, pure non s'avviliva. In verità, il signor Madden aveva in mente, per sua ventura, più vocaboli che pensieri; e se li ripassava di continuo. |
105 | | Rocco - come Niccolino aveva supposto - lo trovò sveglio. | | 85 | | Rocco - come Niccolino aveva supposto - lo trovò sveglio. |
106 | | Bill stava seduto su un vecchio, sgangherato canapè innanzi a un tavolino, con la gran fronte illuminata da una lampada dal paralume rotto; senza scarpe, teneva una gamba accavalciata su l'altra e dava morsi da arrabbiato a un panino imbottito, guardando religiosamente una bottiglia sturata di pessima birra, che gli stava davanti. | | 86 | | Bill stava seduto su un vecchio, sgangherato canapè davanti a un tavolino, con la gran fronte illuminata da una lampada dal paralume rotto; senza scarpe, teneva una gamba accavalciata su l'altra e dava morsi da arrabbiato a un panino imbottito, guardando religiosamente una bottiglia sturata di pessima birra, che gli stava davanti. |
107 | | Ogni mattone, in quella camera, reclamava la scopa e una cassetta da sputare per il signor Madden; reclamavano le pareti e i pochi , decrepiti mobili uno spolveraccio; reclamava il letticciuolo dai trespoli esposti le solide braccia d'una servotta, che lo rifacessero almeno una volta la settimana; reclamavano gli abiti del signor Madden non una spazzola, ma una brusca, piuttosto, da cavallo. | | 87 | | Ogni mattone, in quella camera, reclamava la scopa e una cassetta da sputare per il signor Madden; reclamavano le pareti e i pochi decrepiti mobili uno spolveraccio; reclamava il letticciuolo dai trespoli esposti le solide braccia d'una servotta, che lo rifacessero almeno una volta la settimana; reclamavano gli abiti del signor Madden non una spazzola, ma una brusca, piuttosto, da cavallo. |
108 | | Le vetrate dell'unica finestra erano aperte; le persiane, accostate a fessolino. Le scarpe del signor Madden, una qua, una là, in mezzo alla camera. | | 88 | | Le vetrate dell'unica finestra erano aperte; le persiane, accostate . Le scarpe del signor Madden, una qua, una là, in mezzo alla camera. |
109 | | - Oh Rocco! - esclamò egli con la barbara pronunzia, nella quale gargarizzava, schiacciava, sputava vocali e consonanti, con sillabazione spezzata, come se parlasse con una patata calda in bocca. | | 89 | | - Oh Rocco! - esclamò con la barbara pronunzia, nella quale gargarizzava, schiacciava, sputava vocali e consonanti, con sillabazione spezzata, come se parlasse con una patata calda in bocca. |
110 | | - Scusa, Bill, se vengo così tardi, - disse Rocco, con faccia cadaverica. - Ho bisogno di te. | | 90 | | - Scusa, Bill, se vengo così tardi, - disse Rocco, con faccia cadaverica. - Ho bisogno di te. |
111 | | Bill ripeteva quasi sempre le ultime parole del suo interlocutore, come per agganciarvi la risposta: | | 91 | | Bill ripeteva quasi sempre le ultime parole del suo interlocutore, come per agganciarvi la risposta: |
112 | | - Di me? Un momento. È mio dovere di rimettere prima le scarpe. | | 92 | | - Di me? Un momento. ? mio dovere di rimettere prima le scarpe. |
113 | | E guardò, sconcertato, la ferita su la fronte dell'amico. | | 93 | | E guardò, sconcertato, la ferita su la fronte dell'amico. |
114 | | - Ho avuto una lite. | | 94 | | - Ho avuto una lite. |
115 | | - Non capisco. | | 95 | | - Non capisco. |
116 | | - Una lite! - ripeté con forza Rocco, additando la fronte. | | 96 | | - Una lite! - urlò Rocco, additando la fronte. |
117 | | - Ah, una lite, benissimo: a strife, der Streite, une mêlée, yes, capito benissimo. Si dice lite in italiano? Li-te, benissimo. Che cosa posso io fare? | | 97 | | - Ah, una lite, benissimo: a strife, der Streite, une mêlée, yes, capito benissimo. Si dice lite in italiano? Li-te, benissimo. Che cosa posso io fare? |
118 | | - Ho bisogno di te. | | 98 | | - Ho bisogno di te. |
119 | | - ( Li-te). Non capisco. | | 99 | | - ( Li-te). Non capisco. |
120 | | - Voglio fare un duello! | | 100 | | - Voglio fare un duello! |
121 | | - Ah, un duello, tu? Benissimo capito. | | 101 | | - Ah, un duello, tu? Benissimo capito. |
122 | | - Ma non so, - riprese Rocco, - non so proprio nulla di. di scherma. Come si fa? Non vorrei farmi ammazzare come un cane, capisci? | | 102 | | - Ma non so, - riprese Rocco, - non so proprio nulla di... di scherma. Come si fa? Non vorrei farmi ammazzare come un cane, capisci? |
123 | | - Come un cane, benissimo capito. E allora qualche. coup? Ah, un colpo - si dice? Sì, infallible, io te lo insegnare. Molto semplice, sì. Subito? | | 103 | | - Come un cane, benissimo capito. E allora qualche... coup? Ah, un colpo - si dice? Sì, infallible, io te lo insegnare. Molto semplice, sì. Subito? |
124 | | E Bill, con una mossa da scimmia ben educata, staccò dalla parete due vecchi fioretti arrugginiti. | | 104 | | E Bill, con una mossa da scimmia ben educata, staccò dalla parete due vecchi fioretti arrugginiti. |
125 | | - Aspetta, aspetta. - gli disse Rocco, turbandosi alla vista di quei ferracci. - Spiegami, prima. Io sfido, è vero? oppure, schiaffeggio , e sono sfidato. I padrini discutono, si mettono d'accordo. Duello alla sciabola, poniamo. poniamo. - Si va - si va sul luogo stabilito. Ebbene, che si fa? Ecco, voglio saper tutto, con ordine. | | 105 | | - Aspetta, aspetta... - gli disse Rocco, turbandosi alla vista di quei ferracci. - Spiegami, prima... Io sfido, è vero? oppure, schiaffeggio e sono sfidato. I padrini discutono, si mettono d'accordo. Duello alla sciabola, poniamo. Si va sul luogo stabilito. Ebbene, che si fa? Ecco, voglio saper tutto, con ordine. |
126 | | - Sì, ecco, - rispose il Madden, a cui l'ordine, parlando, piaceva, per non imbrogliarsi; e si mise a spiegargli alla meglio, a suo modo, i preliminari d'un duello. | | 106 | | - Sì, ecco, - rispose il Madden, a cui l'ordine, parlando, piaceva, per non imbrogliarsi; e si mise a spiegargli alla meglio, a suo modo, i preliminari d'un duello. |
127 | | - Nudo? - domandò a un certo punto Rocco, costernatissimo. - Come nudo? perché? | | 107 | | - Nudo? - domandò a un certo punto Rocco, costernatissimo. - Come nudo? perché? |
128 | | - Nudo. di camicia, - rispose il Madden. - Nudo il. come si dice? le tronc du corps. die Brust. ah, yes, torso, il torso. O puramente, senza nudo, sì. come si vuole. | | 108 | | - Nudo... di camicia, - rispose il Madden. - Nudo il... come si dice? le tronc du corps. die Brust. ah, yes, torso, il torso. O puramente, senza nudo, sì... come si vuole. |
129 | | - E poi? | | 109 | | - E poi? |
130 | | - Poi? Eh, si duellare. La sciabla; in guardia; à vous! | | 110 | | - Poi? Eh, si duellare... La sciabla; in guardia; à vous! |
131 | | - Ecco, - disse Rocco, - io, per esempio, prendo la sciabola; avanti, insegnami. Come si fa ?... Bill gli dispose bene, prima di tutto, le dita di tra le basette. Rocco si lasciò piegare, stirare, atteggiare come un manichino. Si avvilì presto però in quelle insolite positure stentate. -Cado! cado!, - e il braccio teso gli si stancava, gli s'irrigidiva; il fioretto, possibile? pesava troppo. - Eh! eh! olà! oilà! - incitava intanto il Madden. - Aspetta, Bill! - nel dare quel colpo, il piede sinistro come poteva star fermo? e il destro, Dio! Dio! non poteva più ritrarsi in guardia! A ogni movimento il sangue gli affluiva con impeto alla ferita della fronte. Intanto, alle pareti, i decrepiti mobili pareva che sussultassero, sbalorditi, agli sbalzi ridicoli delle ombre mostruosamente ingrandite di quei duellanti notturni. | | 111 | | - Ecco, - disse Rocco, - io, per esempio, prendo la sciabola; avanti, insegnami... Come si fa ? Bill gli dispose bene, prima di tutto, le dita di tra le basette. Rocco si lasciò piegare, stirare, atteggiare come un automa. Si avvilì presto però in quelle insolite positure stentate. - Cado! cado!, - e il braccio teso gli si stancava, gli s'irrigidiva; il fioretto, possibile? pesava troppo. - Eh! eh! olà! oilà! - incitava intanto il Madden. - Aspetta, Bill! - nel dare quel colpo, il piede sinistro come poteva star fermo? e il destro, Dio! Dio! non poteva più ritrarsi in guardia! A ogni movimento il sangue gli affluiva con impeto alla ferita della fronte. Intanto, alle pareti, i decrepiti mobili pareva che sussultassero, sbalorditi, agli sbalzi ridicoli delle ombre mostruosamente ingrandite di quei duellanti notturni. |
132 | | Bum! bum! bum! - alcuni colpi bussati con rabbia sotto il pavimento. | | 112 | | Bum! bum! bum! - alcuni colpi bussati con rabbia sotto il pavimento. |
133 | | Il Madden ristette, scosciato, con la gran fronte imperlata di sudore. Tese l'orecchio. | | 113 | | Il Madden ristette, scosciato, con la gran fronte imperlata di sudore. Tese l'orecchio. |
134 | | - Abbiamo svegliato il professore Luca! | | 114 | | - Abbiamo svegliato il professore Luca! |
135 | | Rocco si era abbandonato, rifinito, su una seggiola, con le braccia ciondoloni, la testa cascante, appoggiata alla parete; quasi in deliquio. Pareva, in quell'atteggiamento, che avesse già terminato il duello con l'avversario e ricevuto una ferita mortale. | | 115 | | Rocco si era abbandonato, rifinito, su una seggiola, con le braccia ciondoloni, la testa cascante, appoggiata alla parete; quasi in deliquio. Pareva, in quell'atteggiamento, che avesse già terminato il duello con l'avversario e ricevuto una ferita mortale. |
136 | | - Abbiamo svegliato il professore Luca, - ripeté Bill, guardando Rocco, a cui tale notizia pareva non arrecasse alcuna spiacevole sorpresa. | | 116 | | - Abbiamo svegliato il professore Luca, - ripeté Bill, guardando Rocco, a cui tale notizia pareva non arrecasse alcuna spiacevole sorpresa. |
137 | | - Andrò io dal Blandino, - diss'egli alla fine, levandosi in piedi. - Bisogna sbrigar tutto prima di domani. Il Blandino mi farà da testimonio. Addio; grazie, Bill. Conto anche su te, bada. | | 117 | | - Andrò io dal Blandino, - diss'egli alla fine, levandosi in piedi. - Bisogna sbrigar tutto prima di domani. Il Blandino mi farà da testimonio. Addio; grazie, Bill. Conto anche su te, bada. |
138 | | Il Madden accompagnò col lume in mano l'amico fino alla porta; aspettò sul pianerottolo che il professor Blandino venisse ad aprire e, allorché la porta del secondo piano fu richiusa, si ritirò facendo un suo gesto particolare con la mano, come se si cacciasse una mosca ostinata dalla punta del naso. | | 118 | | Il Madden accompagnò col lume in mano l'amico fino alla porta; aspettò sul pianerottolo che il professor Blandino venisse ad aprire e, allorché la porta del secondo piano fu richiusa, si ritirò facendo un suo gesto particolare con la mano, come se si cacciasse una mosca ostinata dalla punta del naso. |
139 | | Luca Blandino accolse di mal umore quella visita notturna. Borbottando, barcollando, introdusse Rocco per le altre stanze deserte, nella sua camera; poi, col barbone grigio abbatuffolato e gli occhi gonfi e rossi dal sonno interrotto, sedé sul letto con le gambe nude, pelose, penzoloni. | | 119 | | Luca Blandino accolse di malumore quella visita notturna. Borbottando, barcollando, introdusse Rocco per le altre stanze deserte, nella sua camera; poi, col barbone grigio abbatuffolato e gli occhi gonfi e rossi dal sonno interrotto, sedé sul letto con le gambe nude, pelose, penzoloni. |
140 | | - Professore, abbia pietà di me, e mi perdoni, - disse Rocco. - Mi metto nelle sue mani. | | 120 | | - Professore, abbia pietà di me, e mi perdoni, -disse Rocco. - Mi metto nelle sue mani. |
141 | | - Che t'è accaduto? Tu sei ferito! - esclamò il Blandino con voce rauca, guardandolo con la candela in mano. | | 121 | | - Che t'è accaduto? Tu sei ferito! - esclamò il Blandino con voce rauca, guardandolo con la candela in mano. |
142 | | - Sì. ah se sapesse! Da dieci ore, io. Sa, mia moglie? | | 122 | | - Sì... ah se sapesse! Da dieci ore, io... Sa, mia moglie? |
143 | | - Una disgrazia? | | 123 | | - Una disgrazia? |
144 | | - Peggio. Mia moglie m'ha. L'ho scacciata di casa. | | 124 | | - Peggio. Mia moglie m'ha... L'ho scacciata di casa... |
145 | | - Tu? Perché? | | 125 | | - Tu? Perché? |
146 | | - Mi tradiva. mi tradiva. mi tradiva. | | 126 | | - Mi tradiva... mi tradiva... mi tradiva... |
147 | | - Sei matto? | | 127 | | - Sei matto? |
148 | | - No! che matto! | | 128 | | - No! che matto! |
149 | | E Rocco si mise a singhiozzare, nascondendo la faccia tra le mani e nicchiando: | | 129 | | E Rocco si mise a singhiozzare, nascondendo la faccia tra le mani e nicchiando: |
150 | | - Che matto! che matto! | | 130 | | - Che matto! che matto! |
151 | | Il professore lo guardava dal letto, non credendo quasi agli occhi suoi, ai suoi orecchi, così soprappreso nel sonno. | | 131 | | Il professore lo guardava dal letto, non credendo quasi agli occhi suoi, ai suoi orecchi, così soprappreso nel sonno. |
152 | | - Ti tradiva? | | 132 | | - Ti tradiva? |
153 | | - L'ho sorpresa che. che leggeva una lettera. Sa di chi? dell'Alvignani! | | 133 | | - L'ho sorpresa che... che leggeva una lettera... Sa di chi? dell'Alvignani! |
154 | | - Ah birbante! Gregorio? Gregorio Alvignani?... | | 134 | | -Ah birbante! Gregorio? Gregorio Alvignani? |
155 | | - Sissignore - (e Rocco inghiottì). - Ora, capisce, professore. così. così non può, non deve finire! Egli è partito. | | 135 | | - Sissignore - (e Rocco inghiottì). - Ora, capisce, professore... così... così non può, non deve finire! Egli è partito. |
156 | | - Gregorio Alvignani? | | 136 | | - Gregorio Alvignani? |
157 | | - Scappato, sissignore. Questa sera stessa. Non so dove, ma lo saprò. Ha avuto paura. Professore, mi metto nelle sue mani. | | 137 | | - Scappato, sissignore. Questa sera stessa. Non so dove, ma lo saprò. Ha avuto paura... Professore, mi metto nelle sue mani. |
158 | | - Io? Che c'entro io? | | 138 | | - Io? Che c'entro io? |
159 | | - Una soddisfazione, professore, io certamente debbo prendermela. di fronte al paese. Non le pare? Posso restar così? | | 139 | | - Una soddisfazione, professore, io una soddisfazione certamente me la devo prendere, di fronte al paese. Non le pare? Posso restar così? |
160 | | - Piano, piano. Càlmati, figlio mio! Che c'entra il paese? | | 140 | | - Piano, piano... Càlmati, figlio mio! Che c'entra il paese? |
161 | | - L'onore mio, professore! Non c'entra? Debbo difendere il mio onore. Di fronte al paese. Luca Blandino scrollò le spalle, seccato. | | 141 | | - L'onore mio, professore! Le pare che non c'entri? Debbo difendere il mio onore... di fronte al paese... Luca Blandino scrollò le spalle, seccato. |
162 | | - Lascia stare il paese! Bisogna riflettere, ragionare. Prima di tutto: ne sei ben sicuro? | | 142 | | -Lascia stare il paese! Bisogna riflettere, ragionare. Prima di tutto: ne sei ben sicuro? |
163 | | - Ho le lettere, le dico, le lettere che lui le buttava dalla finestra! | | 143 | | - Ho le lettere, le dico, le lettere che lui le buttava dalla finestra! |
164 | | - Lui, Gregorio? come un ragazzino? Ma mi dici da vero?... Ohi, ohi, ohi. Le buttava le lettere dalla finestra? | | 144 | | - Lui, Gregorio? come un ragazzino? Ma mi dici davvero? Ohi, ohi, ohi... Le buttava le lettere dalla finestra? |
165 | | - Sissignore, le ho qua! | | 145 | | - Sissignore, le ho qua! |
166 | | - Ma guarda, guarda, guarda. E tua moglie, santo Dio! Non è figlia di Francesco Ajala, tua moglie? Bada, caro mio, quello è una bestia feroce. Adesso nasce un macello!... Che m'hai detto? Che m'hai detto? Vah. vah. vah. Dalla finestra? Le buttava le lettere dalla finestra, come un ragazzino? | | 146 | | - Ma guarda, guarda, guarda... E tua moglie, santo Dio! Non è figlia di Francesco Ajala, tua moglie? Bada, caro mio, che quello è una bestia feroce... Adesso nasce un macello... Che m'hai detto? Che m'hai detto? Vah... vah... vah... Dalla finestra? Le buttava le lettere dalla finestra, come un ragazzino? |
167 | | - Posso contare su lei, professore? | | 147 | | - Posso contare su lei, professore? |
168 | | - Su me? Perché? Ah , tu vorresti fare. Aspetta, figliuolo mio, bisogna ragionare. Mi hai tutto scombussolato. Non è possibile, adesso. Scese dal letto; s'accostò a Rocco e, battendogli una mano su la spalla, aggiunse: | | 148 | | - Su me? Perché? Ah tu vorresti fare... Aspetta, figliuolo mio, bisogna ragionare... Mi hai tutto scombussolato... Non è possibile, adesso... Scese dal letto; s'accostò a Rocco e, battendogli una mano su la spalla, aggiunse: |
169 | | - Torna su, figliuolo mio. Tu soffri troppo, lo vedo... Domani, eh? con la luce del sole. Ne riparleremo domani; ora è tardi. Va' a dormire, se ti sarà possibile. va'a dormire, figlio mio. | | 149 | | - Torna su, figliuolo mio... Tu soffri troppo, lo vedo... Domani, eh? con la luce del sole. Ne riparleremo domani; ora è tardi... Va' a dormire, se ti sarà possibile... va' a dormire, figlio mio... |
170 | | - Ma mi prometta fin d'ora. - insisté Rocco. | | 150 | | - Ma mi prometta fin d'ora... - insisté Rocco. |
171 | | - Domani, domani, - lo interruppe di nuovo il Blandino, spingendolo verso l'uscio. - Ti prometto. Ma che birbante, oh! Le lettere gliele buttava dalla finestra? Bisogna aspettarsi di tutto a questo mondaccio, caro mio! Povero Roccuccio, ti tradiva. Su, su, andiamo. | | 151 | | - Domani, domani, - lo interruppe di nuovo il Blandino, spingendolo verso l'uscio. - Ti prometto... Ma che birbante, oh! Le lettere gliele buttava dalla finestra? Bisogna aspettarsi di tutto a questo mondaccio, caro mio! Povero Roccuccio, ma guarda! ti tradiva... Su, su, andiamo... |
172 | | - Professore. non m'abbandoni, per carità! Conto su lei! | | 152 | | - Professore... non m'abbandoni, per carità! Conto su lei! |
173 | | - Domani, domani, - ripeté il Blandino. - Povero Roccuccio. la vita, eh? che miseria. Buona notte, figliuolo mio, buona notte, buona notte. E Rocco sentì chiudersi dietro le spalle la porta, piano piano, e restò al bujo, sul pianerottolo, in mezzo alla scala silenziosa, smarrito. Nessuno voleva più saperne, di lui? | | 153 | | - Domani, domani, - ripeté il Blandino. - Povero Roccuccio... la vita, eh? che miseria... Buona notte, figliuolo mio, buona notte, buona notte... E Rocco sentì chiudersi dietro le spalle la porta, piano piano, e restò al bujo, sul pianerottolo, in mezzo alla scala silenziosa, smarrito. Nessuno voleva più saperne, di lui? |
174 | | Sedette, come un bambino abbandonato, su i primi scalini della branca, presso la ringhiera, coi gomiti su le ginocchia e la testa tra le mani. Il bujo, il silenzio, la positura stessa gli strinsero il cuore, gli fecero cader l'animo in un avvilimento profondo; e allora egli contrasse il volto e si mise a piangere e a lamentarsi sommessamente: | | 154 | | Sedette, come un bambino abbandonato, su i primi scalini della branca, presso la ringhiera, coi gomiti su le ginocchia e la testa tra le mani. Il bujo, il silenzio, la positura stessa gli strinsero il cuore, gli fecero cader l'animo in un avvilimento profondo. Contrasse il volto e si mise a piangere e a lamentarsi sommessamente: |
175 | | - Ah, mamma mia! mamma mia! mamma mia!... Pianse e pianse. Poi si cercò in tasca e ne trasse una lettera tutta brancicata. Accese un fiammifero e si provò a leggere; ma avvertì su la mano il contatto di qualcosa umida, lievissima, un po' vischiosa; e alzò il fiammifero per veder che fosse. Un filo di ragno, lunghissimo, che pendeva dall'alto della scala. Si distrasse a guardarlo, e non avvertì al fiammifero che gli si consumava intanto tra le dita; si scottò e, al bujo, gridò più volte: | | 155 | | - Ah, mamma mia! mamma mia! Pianse e pianse. Poi si cercò in tasca e ne trasse una lettera tutta brancicata. Accese un fiammifero e si provò a leggere; ma avvertì su la mano il contatto di qualcosa umida, lievissima, un po' vischiosa; e alzò il fiammifero per veder che fosse. Un filo di ragno, lunghissimo, che pendeva dall'alto della scala. Si distrasse a guardarlo, e non avvertì al fiammifero che gli si consumava intanto tra le dita; si scottò e, al bujo, gridò più volte: |
176 | | - Maledetto! maledetto! maledetto!... Accese un altro fiammifero e si mise a leggere la lettera, ch'era scritta di minutissimo carattere, su una carta cinerea, ruvida in vista. Lèsse macchinalmente le prime parole: «Ti scrivo da tre mesi (son già tre mesi) e ancora...» Saltò alcuni righi; fissò lo sguardo su un «Quando?» sottolineato, poi buttò il fiammifero e restò con la lettera in mano e gli occhi sbarrati nel bujo. | | 156 | | - Maledetto! maledetto! maledetto! Accese un altro fiammifero e si mise a leggere la lettera, ch'era scritta di minutissimo carattere, su una carta cinerea, ruvida in vista. Lèsse macchinalmente le prime parole: «Ti scrivo da tre mesi (son già tre mesi) e ancora.» Saltò alcuni righi; fissò lo sguardo su un «Quando?» sottolineato, poi buttò il fiammifero e restò con la lettera in mano e gli occhi sbarrati nel bujo. |
177 | | Rivedeva la scena. | | 157 | | Rivedeva la scena. |
178 | | Aveva sforzato l'uscio con un violento spintone, gridando: «La lettera! dammi la lettera!» Al fracasso, Marta s'era fatta riparo de lo sportello aperto del grande armadio a muro presso al quale leggeva. Egli aveva tratto in avanti con forza lo sportello e le aveva afferrato i polsi. «Che lettera? che lettera?» aveva ella balbettato, guardandolo atterrita negli occhi. Ma la carta, spiegazzata nell'improvviso terrore e impigliata tra le vesti e un palchetto dell'armadio , era caduta come una foglia secca sul pavimento. Ed egli, nel lanciarsi a raccoglierla, s'era ferito alla fronte, urtando contro lo sportello aperto dell'armadio. Accecato dall'ira, dal dolore, aveva allora inveito contro di lei, senza riguardo alla maternità incipiente, e la aveva senz'altro cacciata di casa a urtoni, a percosse. | | 158 | | Aveva sforzato l'uscio con un violento spintone, gridando: «La lettera! dammi la lettera!» Al fracasso, Marta s'era fatta riparo dello sportello aperto del grande armadio a muro presso al quale leggeva. Egli aveva tratto in avanti con forza lo sportello e le aveva attanagliato i polsi. «Che lettera? Che lettera?» aveva ella balbettato, guardandolo atterrita negli occhi. Ma la carta, spiegazzata nell'improvviso terrore e impigliata tra le vesti e un palchetto dell'armadio era caduta come una foglia secca sul pavimento. Ed egli, nel lanciarsi a raccoglierla, s'era ferito alla fronte, urtando contro losportello aperto dell'armadio. Accecato dall'ira, dal dolore, aveva allora inveito contro di lei, senza riguardo alla maternità incipiente, e la aveva senz'altro cacciata di casa a urtoni, a percosse. |
179 | | Poi, l'altra scena, col suocero. Era andato a mostrargli quella e le altre lettere dell'Alvignani rinvenute nell'armadio. Non c'era colpa? «E in che consiste allora la colpa per lei?» gli aveva domandato. «Scusi, forse perché è sua figlia?» Francesco Ajala gli era saltato addosso come un tigre. «Mia figlia? che dici? mia figlia una sgualdrina?» Poi s'era ammansato. «Bada, Rocco, bada a quello che fai. Vedi di che si tratta? Lettere. E tu rovini due case: la tua e la mia. Forse puoi ancora perdonare.» - «Ah , sì? e la perdonerebbe lei, al mio posto, se invece d'esser padre fosse marito?» E Francesco Ajala non aveva saputo rispondergli. | | 159 | | Poi, l'altra scena, col suocero. Era andato a mostrargli quella e le altre lettere dell'Alvignani rinvenute nell'armadio. Non c'era colpa? «E in che consiste allora la colpa per lei?» gli aveva domandato. «Scusi, forse perché è sua figlia?» Francesco Ajala gli era saltato addosso come un tigre. «Mia figlia? che dici? mia figlia una sgualdrina?» Poi s'era ammansato. «Bada, Rocco, bada a quello che fai... Vedi di che si tratta? Lettere... E tu rovini due case: la tua e la mia. Forse puoi ancora perdonare...» «Ah sì? e la perdonerebbe lei, al mio posto, se invece d'esser padre fosse marito?» E Francesco Ajala non aveva saputo rispondergli. |
180 | | «Lui no, e io sì? Oh bella!» pensò Rocco, nel silenzio della scala: | | 160 | | «Lui no, e io sì? Oh bella!» pensò Rocco, nel silenzio della scala. |
181 | | «È finita! ora è finita!» | | 161 | | «È finita! ora è finita!» |
182 | | Si levò in piedi e, accendendo un altro fiammifero, si mise a risalir la scala, con gli occhi | | 162 | | Si levò in piedi e, accendendo un altro fiammifero, si mise a risalire la scala, con gli occhi alla lettera che aveva ancora in mano. |
183 | | alla lettera che aveva ancora in mano. | | 163 | | «Che vorrà dire?...» domandava a |
184 | | «Che vorrà dire?...» domandava a sé stesso, cercando di decifrare il motto dell'Alvignani inciso in rosso in capo al foglio: NIHIL - MIHI - CONSCIO. | | | | se stesso, cercando di decifrare il motto dell'Alvignani inciso in rosso in capo al foglio: |
| | | | 164 | | NIHIL - MIHI - CONSCIO. |
185 | | III | | 165 | | III |
186 | | L'ombra, poi man mano il bujo avevano invaso la stanza, ove la madre aveva accolto Marta scacciata dal marito. Nel bujo, la suppellettile di vetro su la tavola, già apparecchiata per la cena , prima dell'arrivo di Marta, ritraeva dalla strada qualche fil di luce. | | 166 | | L'ombra, poi man mano il bujo avevano invaso la stanza, ove la madre aveva accolto Marta scacciata dal marito. Nel bujo, la suppellettile di vetro su la tavola, già apparecchiata per la cena prima dell'arrivo di Marta, ritraeva dalla strada qualche filo di luce. |
187 | | La signora Agata Ajala, altissima di statura e corpulenta, ma con una dolcezza nello sguardo e nella voce , che pareva volesse subito attenuare in chi la guardava o le parlava l'impressione sgradevole che il suo corpo per forza doveva destare; rientrando dalla saletta , dove poc'anzi la avevano chiamata, intravide all'improvviso lume, nell'aprir l'uscio, le due figliuole sul canapè di fronte: Marta, con un fazzoletto sul volto , abbandonata su la spalliera, e Maria che le teneva una mano, china su lei. | | 167 | | La signora Agata Ajala, altissima di statura e corpulenta, ma con una dolcezza nello sguardo e nella voce che pareva volesse subito attenuare , in chi la guardava o le parlava , l'impressione sgradevole che il suo corpo doveva per forza destare; rientrando dalla saletta dove poc'anzi la avevano chiamata, intravide all'improvviso lume, nell'aprir l'uscio, le due figliuole sul canapè di fronte: Marta, con un fazzoletto sul volto abbandonata su la spalliera, e Maria che le teneva una mano, china su lei. |
188 | | - Vuol partire... - annunziò, quasi istupidita dall'inattesa sciagura. | | 168 | | - Vuol partire... -annunziò, quasi istupidita dall'inattesa sciagura. |
189 | | - Mamma, ha saputo... ha saputo, - disse allora Marta, scrollando il capo e torcendosi le mani. - Ha saputo e non vuol più tornare a casa. Egli non perdona, lo so. Va' tu a trovarlo; digli che torni, mamma; io me ne vado. Lo so, non mi crede più degna di stare in casa sua. Digli che vi sono venuta... così, perché non sapevo dove andare. Me ne vo... Non sapevo dove andare... Due care braccia, tese in un impeto di commozione, la attirarono a sé. | | 169 | | - Mamma, ha saputo... ha saputo, - disse allora Marta, scrollando il capo e torcendosi le mani. - Ha saputo e non vuol più tornare a casa. Non perdona, lo so. Va' tu a trovarlo; digli che torni, mamma; io me ne vado. Lo so, non mi crede più degna di stare in casa sua. Digli che vi sono venuta... così, perché non sapevo dove andare. Me ne vado. Non sapevo dove andare. Due care braccia, tese in un impeto di commozione, la attirarono a sé. |
190 | | La madre disse: | | 170 | | La madre disse: |
191 | | - Dove volevi andare? Dove puoi andare? Rimani, rimani qua, con Maria. Andrò a parlargli... | | 171 | | - Dove volevi andare? Dove puoi andare? Rimani, rimani qua, con Maria. Andrò a parlargli... |
192 | | Si tirò sul capo e si ravvolse attorno al collo uno scialletto nero di lana, e uscì. | | 172 | | Si tirò sul capo e si avvolse attorno al collo uno scialletto nero di lana, e uscì. |
193 | | La larga strada del sobborgo, molto animata durante il giorno, restava poi, la sera, silenziosa e sola , come una contrada di sogno, con le alte case in fila tacite, buje, su le cui finestre la luna rifletteva un verde lume qua e là. Un greve, interrotto sfilar di nubi fumolente velava a quando a quando la pallida e fresca serenità lunare e gettava ombre cupe su la strada umida. | | 173 | | La larga strada del sobborgo, molto animata durante il giorno, restava poi, la sera, silenziosa e sola come una contrada di sogno, con le alte case in fila , su le cui finestre la luna rifletteva un verde lume qua e là. Un greve, interrotto sfilar di nubi fumolente velava a quando a quando la pallida e fresca serenità lunare e gettava ombre cupe su la strada umida. |
194 | | - Oh San Francesco! - invocò la madre, alzando una mano verso la chiesa in fondo alla strada. | | 174 | | -Oh San Francesco! -invocò la madre, alzando una mano verso la chiesa in fondo alla strada. |
195 | | Lì, a pochi passi dalla casa, su la stessa strada suburbana, sorgeva la vasta conceria, di cui Francesco Ajala era proprietario. Appressandosi, ella scorse il marito a un balcone del primo piano, tremò al pensiero d'affrontarne l'ira e il dolore, sapendo purtroppo a quali terribili eccessi potevano trascinarlo. Era alto più di lei, e il corpo gigantesco si disegnava in ombra nel vano luminoso del balcone. | | 175 | | Lì, a pochi passi dalla casa, su la stessa strada suburbana, sorgeva la vasta concerìa, di cui Francesco Ajala era proprietario. Appressandosi, ella scorse il marito a un balcone del primo piano; tremò al pensiero d'affrontarne l'ira e il dolore, sapendo purtroppo a quali terribili eccessi potevano trascinarlo. Era alto più di lei, e il corpo gigantesco si disegnava in ombra nel vano luminoso del balcone. |
196 | | Due erano le sciagure, non una sola. E questa del padre assai più grave di quella di Marta. Perché, a ragionare con un po' di calma e aspettando qualche giorno, la sciagura della figlia forse si sarebbe potuta riparare. Ma col padre non si ragionava. | | 176 | | Due erano le sciagure, non una sola. E questa del padre assai più grave di quella di Marta. Perché, a ragionare con un po' di calma e aspettando qualche giorno, la sciagura della figlia forse si sarebbe potuta riparare. Ma col padre non si ragionava. |
197 | | La signora Ajala già da un pezzo aveva imparato a misurare ogni dispiacere, ogni dolore, non per sé stesso, che le sarebbe parso poco o niente, ma in considerazione delle furie che avrebbe suscitato nel marito. Se talvolta, buon Dio, per il guasto o la rottura di qualche oggetto anche di poco valore, ma di cui difficilmente si sarebbe potuto trovare il compagno in paese, tutta la casa piombava nel lutto, nella costernazione più grave... E i vicini, gli estranei, risapendolo, ne ridevano; e avevano ragione. Per una boccettina? per un quadrettino? per un ninnolo qualunque? Ma bisognava vedere che cosa importasse per lui, per il marito, quel guasto o quella rottura. Una mancanza di riguardo, non all'oggetto che valeva poco o nulla, ma a lui, a lui che l'aveva comperato. Avaro? Nemmen per sogno! Era capace, per quel ninnolo di pochi bajocchi, di mandare in frantumi mezza casa. | | 177 | | La signora Ajala già da un pezzo aveva imparato a misurare ogni dispiacere, ogni dolore, non per se stesso, che le sarebbe parso poco o niente, ma in considerazione delle furie che avrebbe suscitato nel marito. Se talvolta, buon Dio, per il guasto o la rottura di qualche oggetto anche di poco valore, ma di cui difficilmente si sarebbe potuto trovare il compagno in paese, tutta la casa piombava nel lutto, nella costernazione più grave... E i vicini, gli estranei, risapendolo, ne ridevano; e avevano ragione. Per una boccettina? per un quadrettino? per un ninnolo qualunque? Ma bisognava vedere che cosa importasse per lui, per il marito, quel guasto o quella rottura. Una mancanza di riguardo, non all'oggetto che valeva poco o nulla, ma a lui, a lui che l'aveva comperato. Avaro? Nemmen per sogno! Era capace, per quel ninnolo di pochi bajocchi, di mandare in frantumi mezza casa. |
198 | | In tanti anni di matrimonio, ella era riuscita con le dolci maniere ad ammansarlo un po', perdonandogli anche, spesso, torti non lievi, senza mai venir meno tuttavia alla propria dignità e pur senza fargli pesare il perdono. Ma un nonnulla bastava di tanto in tanto a farlo scattare selvaggiamente. Forse, subito dopo, se ne pentiva; non voleva, però, o non sapeva confessarlo: gli sarebbe parso d'avvilirsi o di darla vinta: desiderava che gli altri lo indovinassero; ma poiché nessuno, nello sbigottimento, ardiva nemmeno di fiatare, egli si chiudeva, s'ostinava in una collera nera e muta per intere settimane. Certo, con segreto dispetto, avvertiva il troppo studio nei suoi di non far mai cosa che gli desse pretesto di lamentarsi minimamente; e sospettava che molte cose gli fossero nascoste; se qualcuna poi veramente ne scopriva anche dopo molto tempo, lasciava prorompere furibondo il dispetto accumulato, senza riflettere che ormai quelle escandescenze erano fuor di luogo, e che infine s'era fatto per non dargli dispiacere. | | 178 | | In tanti anni di matrimonio, ella era riuscita con le dolci maniere ad ammansarlo un po', perdonandogli anche, spesso, torti non lievi, senza mai venir meno tuttavia alla propria dignità e pur senza fargli pesare il perdono. Ma un nonnulla bastava di tanto in tanto a farlo scattare selvaggiamente. Forse, subito dopo, se ne pentiva; non voleva, però, o non sapeva confessarlo: gli sarebbe parso d'avvilirsi o di darla vinta: desiderava che gli altri lo indovinassero; ma poiché nessuno, nello sbigottimento, ardiva nemmeno di fiatare, egli si chiudeva, s'ostinava in una collera nera e muta per intere settimane. Certo, con segreto dispetto, avvertiva il troppo studio nei suoi di non far mai cosa che gli désse pretesto di lamentarsi minimamente; e sospettava che molte cose gli fossero nascoste; se qualcuna poi veramente ne scopriva anche dopo molto tempo, lasciava prorompere furibondo il dispetto accumulato, senza riflettere che ormai quelle escandescenze erano fuor di luogo, e che infine s'era fatto per non dargli dispiacere. |
199 | | Si sentiva estraneo nella sua stessa casa; gli pareva che i suoi lo tenessero per estraneo; e diffidava. Specialmente di lei, della moglie, diffidava. | | 179 | | Si sentiva estraneo nella sua stessa casa; gli pareva che i suoi lo tenessero per estraneo; e diffidava. Specialmente di lei, della moglie, diffidava. |
200 | | E la signora Agata, infatti, soffriva sopra tutto di questo: che nell'animo di lui fossero impressi due falsi concetti di lei: l'uno di malizia, l'altro d'ipocrisia. Tanto più ne soffriva, in quanto che lei stessa sovente si vedeva costretta a riconoscere che non senza ragione egli doveva credere fossero giusti, invece, quei due concetti; perché davvero ella, mancando ogni intesa fra loro due, talvolta era forzata dai bisogni stessi della vita a far di nascosto qualcosa ch'egli non avrebbe certamente approvata; e poi a finger con lui. | | 180 | | E la signora Agata, infatti, soffriva sopra tutto di questo: che nell'animo di lui fossero impressi due falsi concetti di lei: l'uno di malizia, l'altro d'ipocrisia. Tanto più ne soffriva, in quanto che lei stessa si vedeva spesso costretta a riconoscere che non senza ragione egli doveva credere così; perché davvero ella, mancando ogni intesa fra loro due, talvolta era forzata dai bisogni stessi della vita a far di nascosto qualcosa ch'egli non avrebbe certamente approvata; e poi a fingere con lui. |
201 | | Era sicura adesso la signora Agata, che il marito, nel furore, le avrebbe rinfacciato tutte quelle lievi concessioni che in tanti anni era riuscita con la dolcezza ad ottenere. | | 181 | | Era sicura adesso la signora Agata, che il marito, nel furore, le avrebbe rinfacciato tutte quelle lievi concessioni che in tanti anni era riuscita con la dolcezza a ottenere. |
202 | | - Francesco! - chiamò una voce umile, nel silenzio della strada. | | 182 | | - Francesco! - chiamò con voce umile, nel silenzio della strada. |
203 | | - Chi è là? - domandò forte l'Ajala, scotendosi, curvandosi su la ringhiera del balcone. - | | 183 | | - Chi è là? - domandò forte l'Ajala, scotendosi, curvandosi su la ringhiera del balcone. - Tu? Chi ti ha detto di venire? Vàttene! vàttene via subito! Non mi far gridare di qua! |
204 | | Tu? Chi ti ha detto di venire? Vàttene! vàttene via subito! Non mi far gridare di qua! | | 184 | | - Apri, te ne supplico |
205 | | - Apri, te ne supplico. | | | | ... |
206 | | - Vàttene, t'ho detto! Non voglio veder nessuno! A casa! subito, a casa! No? Scendo, sai? | | 185 | | - Vàttene, t'ho detto! Non voglio veder nessuno! A casa! subito, a casa! No? Scendo, sai? |
207 | | E Francesco Ajala, diede uno scrollo poderoso alla ringhiera di ferro, e si ritrasse. | | 186 | | E Francesco Ajala, diede uno scrollo poderoso alla ringhiera di ferro, e si ritrasse. |
208 | | Ella attese a capo chino, come una mendicante appoggiata al portone, asciugandosi di tanto in tanto gli occhi con un fazzoletto che teneva in mano da quattro ore. | | 187 | | Ella attese a capo chino, come una mendicante , appoggiata al portone, asciugandosi di tanto in tanto gli occhi con un fazzoletto che teneva in mano da quattr'ore. |
209 | | Un rumor di passi per il lungo androne interno, cupo, rintronante: lo sportello a destra del portone s'apri, e l'Ajala, curvandosi, sporgendo il capo, afferrò per un braccio la moglie. | | 188 | | Un rumore di passi per il lungo androne interno, cupo, rintronante: lo sportello a destra del portone s'aprì, e l'Ajala, curvandosi, sporgendo il capo, afferrò per un braccio la moglie. |
210 | | - Che sei venuta a far qui? Che vuoi? Chi sei? Non ho più nessuno io, nessuno, nessuno; né famiglia né casa! Fuori tutti! Fuori! Schifo mi fate, ribrezzo! Vàttene via! via! | | 189 | | -Che sei venuta a far qui? Che vuoi? Chi sei? Non conosco più nessuno io; non ho più nessuno; né famiglia né casa! Fuori tutti! Fuori! Schifo mi fate, schifo! Vàttene via! via! |
211 | | E le diede un violento spintone. | | 190 | | E le diede un violento spintone. |
212 | | Ella rimase, col braccio indolenzito dalla stretta, lì innanzi al vano de lo sportello; poi entrò come un'ombra, rassegnata ad aspettare ch'egli si votasse il cuore di tutta la collera, rovesciandogliela addosso; decisa anche a farsi percuotere. | | 191 | | Ella rimase, col braccio indolenzito dalla stretta, davanti al vano dello sportello; poi entrò come un'ombra, rassegnata ad aspettare ch'egli si votasse il cuore di tutta la collera, rovesciandogliela addosso; decisa anche a farsi percuotere. |
213 | | In mezzo al bujo androne, l'Ajala, con le mani intrecciate dietro la nuca, le braccia strette intorno alla testa, s'era messo a guardare la grande porta a vetri, in fondo, cieca nel blando chiaror lunare. Si voltò, sentendo nel bujo piangere la moglie; le venne incontro con le pugna serrate, ruggendo con scherno: | | 192 | | In mezzo al bujo androne, l'Ajala, con le mani intrecciate dietro la nuca, le braccia strette intorno alla testa, s'era messo a guardare la grande porta a vetri, in fondo, cieca nel blando chiaror lunare. Si voltò, sentendo nel bujo piangere la moglie; le venne incontro con le pugna serrate, ruggendo con scherno: |
214 | | - L'hai ricevuta in casa? Te la sei baciata, carezzata, lisciata, la tua bella figlia? Che vuoi ora da me? Che aspetti qua? me lo dici? | | 193 | | - L'hai ricevuta in casa? Te la sei baciata, carezzata, lisciata, la tua bella figlia? Che vuoi ora da me? Che aspetti qua? me lo dici? |
215 | | - Vuoi partire... - singhiozzò ella, piano. | | 194 | | - Vuoi partire... - singhiozzò ella, piano. |
216 | | - Subito, sì! La valigia... | | 195 | | - Subito, sì! La valigia... |
217 | | - Dove vuoi andare? | | 196 | | - Dove vuoi andare? |
218 | | - Debbo dirlo a te? | | 197 | | - Debbo dirlo a te? |
219 | | - Ma anche... per sapere ciò che debbo prepararti... quanto starai fuori... | | 198 | | - Ma anche... per sapere ciò che debbo prepararti... quanto starai fuori... |
220 | | - Quanto? - gridò lui. - E t'immagini ch'io possa ritornare? rimetter piede nella vostra casa | | 199 | | - Quanto? - gridò lui. - E t'immagini ch'io possa ritornare? rimettere piede nella vostra casa svergognata? Via per sempre! In galera o |
221 | | svergognata? Via per sempre! In galera o sotterra. Lo raggiungerò! lo raggiungerò! Oh, a costo di... | | | | sottoterra. Lo raggiungerò! lo raggiungerò! Oh, a costo di... |
222 | | - E ti par giusto? - arrischiò ella, desolatamente. | | 200 | | - E ti par giusto? -arrischiò ella, desolatamente. |
223 | | - No, ma che! no! - tuonò egli con un ghigno orribile. - Giusto è che una figlia insudici il nome del padre! che si faccia scacciare come una sgualdrina dal marito, e che poi venga ad insegnare l'arte alla sorella minore! Questo è giusto, questo è giusto per te, lo so! | | 201 | | - No, ma che! no! - tuonò egli con un ghigno orribile. - Giusto è che una figlia insudici il nome del padre! che si faccia scacciare come una sgualdrina dal marito, e che poi venga a insegnarne l'arte alla sorella minore! Questo è giusto, questo è giusto per te, lo so! |
224 | | - Come vuoi tu, - diss'ella. - Ma io ti domandavo se, prima di lasciarti andare ad un tale eccesso, non ti pareva che convenisse piuttosto... | | 202 | | - Come vuoi tu, - diss'ella. - Ma io ti domandavo se, prima di lasciarti andare a un tale eccesso, non ti pareva che convenisse piuttosto... |
225 | | - Che cosa? | | 203 | | - Che cosa? |
226 | | - Vedere se fosse possibile evitare lo scandalo... | | 204 | | - Vedere se fosse possibile evitare lo scandalo. |
227 | | - Lo scandalo? - gridò egli. - Ma se Rocco è venuto qua! | | 205 | | - Lo scandalo? - gridò egli. - Ma se Rocco è venuto qua! |
228 | | - Qua? | | 206 | | - Qua? |
229 | | - A mostrarmi le lettere! | | 207 | | - A mostrarmi le lettere! |
230 | | - Ah, tu le hai vedute? - domandò ella con ansia. - L'ultima? C'è la prova che Marta... | | 208 | | - Ah, tu le hai vedute? - domandò ella con ansia. - L'ultima? C'è la prova che Marta... |
231 | | - È innocente, è vero? - scattò egli, afferrandola per un braccio, respingendola, andandole addosso di nuovo. - Innocente? Innocente? hai il coraggio di dire innocente innanzi a me? E qua, qua, qua, rossore, qua, ne hai? rossore, qua? | | 209 | | -È innocente, è vero? - scattò egli, afferrandola per un braccio, respingendola, andandole addosso di nuovo. - Innocente? Innocente? hai il coraggio di dire innocente davanti a me? E qua, qua, qua, rossore, qua, ne hai? rossore, qua? |
232 | | E, in così dire, si percosse più volte furiosamente le guance. Poi ripigliò: | | 210 | | E, in così dire, si percosse più volte furiosamente le guance. Poi ripigliò: |
233 | | - Innocente... Con quelle lettere? Avresti fatto lo stesso, dunque, tu? Sta' zitta! Non arrischiarti di scusarla! | | 211 | | - Innocente... Con quelle lettere? Avresti fatto lo stesso, dunque, tu? Sta' zitta! Non arrischiarti a scusarla! |
234 | | - Non la scuso, - gemette ella, piano, con strazio. - Ma se ho la prova, io, la prova che mia figlia non merita il castigo che le si vuole infliggere... | | 212 | | - Non la scuso, - gemette ella, piano, con strazio. - Ma se ho la prova, io, la prova che mia figlia non merita il castigo che le si vuole infliggere... |
235 | | - Ah, questo, - tonò cupamente l'Ajala, - questo l'ho detto anch'io a quell'imbecille... | | 213 | | - Ah, questo, - tonò cupamente l'Ajala, - questo l'ho detto anch'io a quell'imbecille... |
236 | | - Vedi? - gridò la moglie, quasi ilarata da un lampo di speranza. | | 214 | | -Vedi? - gridò la moglie, quasi ilarata da un lampo di speranza. |
237 | | - Ma poi egli mi chiese se io, al posto suo, avrei perdonato... Ebbene, no! Perché io, -aggiunse, riafferrando per le braccia la moglie e scrollandola forte, - io non t'avrei perdonato: ti avrei ucciso! | | 215 | | - Ma poi egli mi chiese se io, al posto suo, avrei perdonato... Ebbene, no! Perché io, - aggiunse, riafferrando per le braccia la moglie e scrollandola forte, - io non t'avrei perdonato: ti avrei uccisa! |
238 | | - Senza colpa... | | 216 | | - Senza colpa. |
239 | | - Per quella lettera! Non ti basta? | | 217 | | - Per quella lettera! Non ti basta? |
240 | | - Marta, sì, sarà colpevole, - si piegò allora a dire la madre, - ma d'una leggerezza, non d'altro. E ora tu che vuoi fare? Partire, è vero? Affrontar colui, tu! E non intendi che la sciagura, così... Lasciami dire, per carità! Ho fede, io, ho fede che un giorno, presto, la luce si farà... | | 218 | | - Marta, sì, sarà colpevole, - si piegò allora ad ammettere la madre, - ma d'una leggerezza, non d'altro. Ma ora tu che vuoi fare? Partire, affrontare colui, tu! E non intendi che la sciagura, così... Lasciami dire, per carità! Ho fede, io, ho fede che un giorno, presto, la luce si farà... |
241 | | - Non scusare! Non scusare! | | 219 | | - Non scusare! Non scusare! |
242 | | - Non scuso Marta, no; accuso me, va bene? Me, me, perché io non dovevo lasciarlo fare questo matrimonio... | | 220 | | - Non scuso Marta, no; accuso me, va bene. Me, me, perché io non dovevo lasciarlo fare questo matrimonio... |
243 | | - Accusi anche me, dunque? | | 221 | | - Accusi anche me, dunque? |
244 | | - Ma se tu stesso l'hai detto! Non te n'eri pentito? Abbiamo avuto troppa fretta di maritarla, e confessa che abbiamo scelto male! E quel che le toccò soffrire sotto la tirannia di quella strega della zia e del padre infame, prima che Rocco si risolvesse a far casa da sé? Questo non la scusa, sì, è vero, lo so; ma può rendere, mi sembra, meno severi nella pena. È pure una disgraziata... sì, una... | | 222 | | - Ma se tu stesso l'hai detto! Non te n'eri pentito? Abbiamo avuto troppa fretta di maritarla, e confessa che abbiamo scelto male! E quel che le toccò soffrire sotto la tirannia di quella strega della zia e del padre infame, prima che Rocco si risolvesse a far casa da sé? Questo non la scusa, sì, è vero, lo so; ma può rendere, mi sembra, meno severi nella pena. È pure una disgraziata... sì, una... |
245 | | Non poté seguitare. Nascose il volto nel fazzoletto , scossa dai singhiozzi irrefrenabili. | | 223 | | Non poté seguitare. Nascose il volto nel fazzoletto scossa dai singhiozzi irrefrenabili. |
246 | | Egli, con un gomito appoggiato al muro e la fronte nella mano, scompigliava ritmicamente col piede un mucchietto di ferruche raccolte lì nell'androne, e, con le ciglia giunte, irsute, aggrondate, pareva solo intento a quell'esercizio del piede. Poi disse con voce cupa: | | 224 | | Egli, con un gomito appoggiato al muro e la fronte nella mano, scompigliava ritmicamente col piede un mucchietto di ferruche raccolte lì nell'androne, e, con le ciglia giunte, irsute, aggrondate, pareva solo intento a quell'esercizio del piede. Poi disse con voce cupa: |
247 | | - Giacché la colpa è mia e tua, questa è la nostra condanna, e dobbiamo scontarla. Bada! Rientro con te in casa: sarà, d'ora in poi, la mia e la tua prigione. Non ne uscirò che morto! | | 225 | | - Giacché la colpa è mia e tua, questa è la nostra condanna, e dobbiamo scontarla. Bada! Rientro con te in casa: sarà, d'ora in poi, la mia e la tua prigione. Non ne uscirò che morto! |
248 | | Andò su per chiudere il balcone rimasto aperto. La moglie attese un pezzo, nel bujo dell'androne; poi, vedendolo tardare, salì anche lei. Lo trovò con la faccia contro il muro, che piangeva, solo. | | 226 | | Andò su per chiudere il balcone rimasto aperto. La moglie attese un pezzo, nel bujo dell'androne; poi, vedendolo tardare, salì anche lei. Lo trovò con la faccia contro il muro, che piangeva, solo. |
249 | | - Francesco... | | 227 | | - Francesco... |
250 | | - Via! via! via! | | 228 | | - Via! via! via! |
251 | | La spinse avanti, di furia. Chiusa la conceria, fecero in silenzio il breve tratto fino a casa. Innanzi alla porta, ordinò alla moglie di salire avanti, aggiungendo, minaccioso: | | 229 | | La spinse avanti, di furia. Chiusa la conceria, fecero in silenzio il breve tratto fino a casa. Davanti alla porta, ordinò alla moglie di salire avanti, aggiungendo, minaccioso: |
252 | | - Non debbo vederla! | | 230 | | - Non debbo vederla! |
253 | | Poco dopo, salì anche lui e andò a chiudersi a chiave in una camera, al bujo; si buttò sul letto, vestito, con la faccia affondata nei guanciali, stringendo con una mano la testata della lettiera. | | 231 | | Poco dopo, salì anche lui e andò a chiudersi a chiave in una camera, al bujo; si buttò sul letto, vestito, con la faccia affondata nei guanciali, stringendo con una mano la testata della lettiera. |
254 | | Giacque così tutta la notte. Di tratto in tratto, balzava a sedere sul letto. Tendeva l'orecchio. Nessun rumore per la casa. Pure nessuno certo dormiva. | | 232 | | Giacque così tutta la notte. Di tratto in tratto, balzava a sedere sul letto. Tendeva l'orecchio. Nessun rumore per casa. Pure nessuno certo dormiva. |
255 | | Quel profondo silenzio gl'irritava sordamente l'interno tumulto dell'anima violenta. Così seduto, si torturava le gambe, le braccia, con le dita artigliate, stretto alla gola da una voglia rabbiosa, impotente, di piangere, d'urlare. Poi ricadeva sul letto, riaffondava la faccia nel guanciale bagnato di lagrime. | | 233 | | Quel profondo silenzio gl'irritava sordamente l'interno tumulto dell'anima violenta. Così seduto, si torturava le gambe, le braccia, con le dita artigliate, stretto alla gola da una voglia rabbiosa, impotente, di piangere, d'urlare. Poi ricadeva sul letto, riaffondava la faccia nel guanciale bagnato di lagrime. |
256 | | - Come! Aveva dunque pianto? | | | | Come! Aveva dunque pianto? |
257 | | A poco a poco, sotto l'incubo dei pensieri che gli si presentavano sempre con la medesima forma, col medesimo giro, si stordì e rimase a lungo immobile, quasi inconsapevole, sospirando di tratto in tratto, stanco; ridestandosi talora con la coscienza ottusa e la sensazione soltanto degli occhi aridi, sbarrati nel bujo della camera. | | 234 | | A poco a poco, sotto l'incubo dei pensieri che gli si presentavano sempre con la medesima forma, col medesimo giro, si stordì e rimase a lungo immobile, quasi inconsapevole, sospirando di tratto in tratto, stanco; ridestandosi talora con la coscienza ottusa e la sensazione soltanto degli occhi aridi, sbarrati nel bujo della camera. |
258 | | Poi le fessure delle imposte cominciarono a schiarirsi. Grado grado, quei fili esili d'umido albore s'accesero vieppiù nel bujo, rifulsero biondi: - il sole! | | 235 | | Poi le fessure delle imposte cominciarono a schiarirsi. Grado grado, quei fili esili d'umido albore s'accesero vieppiù nel bujo, rifulsero biondi: -il sole! |
259 | | Egli , dal letto, con le mani intrecciate dietro la nuca, guardava le imposte. Giù per la strada cominciava il trànsito continuo dei carri, ed era come se gli passassero per la mente: egli li vedeva, così giacente e compreso ancora dal tepore del letto e della camera, con l'anima appena risentita. Di fuori, il giorno... il lavoro... Gli operai, seduti l'uno accanto all'altro sul marciapiedi, aspettano che s'apra il portone della conceria. Ecco, suona la campana, entrano, a due a due, a tre, allegri o taciturni, con un fagottino sotto il braccio. Il vecchio Scoma, ah, quegli non parla mai... sua figlia... | | 236 | | Egli dal letto, con le mani intrecciate dietro la nuca, guardava le imposte. Giù per la strada cominciava il trànsito continuo dei carri, ed era come se gli passassero per la mente: li vedeva, così giacente e compreso ancora dal tepore del letto e della camera, con l'anima appena risentita. Di fuori, il giorno... il lavoro... Gli operai, seduti l'uno accanto all'altro sul marciapiedi, aspettano che s'apra il portone della conceria. Ecco, suona la campana, entrano, a due a due, a tre, allegri o taciturni, con un fagottino sotto il braccio. Il vecchio Scoma, ah, quegli non parla mai... sua figlia... |
260 | | - Anche mia figlia! anche mia figlia! Peggio di quella! Quella non tradì, fu tradita; e ora la miseria... | | 237 | | -Anche mia figlia! anche mia figlia! Peggio di quella! Quella non tradì, fu tradita; e ora la miseria... |
261 | | Balzò dal letto, quasi per correre da Marta e afferrarla pei capelli, trascinarla per la casa, percuoterla a sangue. | | 238 | | Balzò dal letto, quasi per correre da Marta e afferrarla per i capelli, trascinarla per casa, percuoterla a sangue. |
262 | | Due picchi all'uscio, timidi. | | 239 | | Due picchi all'uscio, timidi. |
263 | | - Chi è? - gridò , trasalendo, origliando. | | 240 | | - Chi è? - gridò sobbalzando. |
264 | | - lo... - sospirò una voce, dietro l'uscio. | | 241 | | - Io... - sospirò una voce, dietro l'uscio. |
265 | | - Via! Non voglio veder nessuno! | | 242 | | - Via! Non voglio veder nessuno! |
266 | |